LA MUTAZIONE DEL GENE BRAF PER LA DIAGNOSI DEL CARCINOMA UROTELIALE DEL CANE
Le genetica oncologica diventerà sempre più importante anche in medicina veterinaria. La valutazione della mutazione del gene BRAF nelle cellule del carcinoma uroteliale ne è un esempio molto attuale: cerchiamo di capire come può essere sfruttata in pratica.
I carcinomi uroteliali (altresì classificati come carcinomi a cellule transizionali - Transitional Cell Carcinoma TCC) sono le neoplasie più frequenti del tratto urinario del cane. Di solito insorgono nella vescica, ma possono essere riscontrati nell’intero tratto urinario, come nella pelvi renale, negli ureteri o nell’uretra. Tali neoplasie hanno un comportamento biologico aggressivo, con elevata tendenza alla metastatizzazione.
Purtroppo, la sintomatologia clinica è alquanto aspecifica, correlata prevalentemente a disturbi della minzione (disuria, ematuria saltuaria o costante, stranguria, tenesmo, ecc.), e può essere confusa con un’infezione delle vie urinarie, esitando in una diagnosi quasi sempre tardiva.
La diagnostica per immagini permette solitamente di rilevare neoformazioni a carico del tratto urinario coinvolto solo quando assumono l’aspetto di vere e proprie neoplasie vegetanti intra-luminali, ispessimenti irregolari della parete dell’organo o eventuali lesioni metastatiche.
La diagnosi di TCC richiede sempre una conferma cito/istologica, ma l’accessibilità per il corretto campionamento è sempre un limite. Infatti, i prelievi per ago-aspirazione o tru-cut per via percutanea sono controindicati, a causa della capacità delle cellule neoplastiche di impiantarsi lungo il tragitto dell’ago. Le metastasi cutanee da "seeding iatrogeno" sono inoltre chemio-resistenti e si accompagnano ad una prognosi infausta.
La valutazione microscopica del sedimento urinario può avere un valore diagnostico, ma le cellule tumorali francamente maligne sono riscontrabili solo in una piccola percentuale di cani con TCC (“sensibilità diagnostica bassa”).
Il metodo di elezione per la diagnosi definitiva è la biopsia istologica per via cistoscopica, che tuttavia presenta limiti legati alla tecnica endoscopica, eseguibile solo da specialisti del settore, alla dimensione degli strumenti in relazione alle dimensioni dell’uretra e dell’osso del pene, e alla necessità di ricorrere all’anestesia generale.
Per ovviare a queste problematiche, è consuetudine da parte degli ecografisti effettuare campionamenti di cellule mediante cateterismo traumatico per ottenere preparati citologici, che purtroppo possono risultare di difficile interpretazione anche per i più esperti citopatologi, lasciando adito a dubbi diagnostici in non rari casi.
Figura 1. Esame citologico di un TCC di cane: le cellule neoplastiche uroteliali mostrano evidenti segni di atipia ed una nomala architettura tubulare/acinare (tendenza alla metaplasia ghiandolare).
Sia in medicina umana sia in medicina veterinaria negli ultimi anni è stata rivolta grande attenzione alla ricerca di marker genetici tumorali, come le mutazioni del DNA in geni driver, in grado di definire con estrema accuratezza l’impronta di un tumore.
Biologicamente, le mutazioni somatiche a carico di oncogeni (una o più mutazioni simultanee) sono in grado di modificare la sequenza amminoacidica delle corrispondenti proteine, con importanti ripercussioni sulla sintesi e sulla funzionalità delle proteine stesse. Per la maggior parte degli oncogeni tale condizione è in grado di provocare una proliferazione cellulare incontrollata.
In medicina veterinaria, un esempio su tutti è la mutazione V595E del gene BRAF (“B-isomero della RAF chinasi”) in cani affetti da TCC, la quale causa un'attivazione incontrollata di diversi processi biologici coinvolti nella proliferazione cellulare, ed è quindi alla base dello sviluppo e della progressione tumorale.
In particolare, alcuni studi hanno dimostrato come percentuali variabili (tra il 40 e l’80%) dei TCC nel cane presenta la mutazione di BRAF, indipendentemente dalla sede in cui si sviluppa. Al contrario, la mutazione non è rilevabile nell’urotelio non neoplastico.
Figura 2. Nel gene mutato, al posto della timina è presente una adenina: questa singola mutazione puntiforme però conduce ad un cambiamento della sequenza aminoacidica della proteina (con un cambio da valina ad acido glutammico), che ha profonde alterazioni funzionali sulla cellula uroteliale, favorendone la trasformazione tumorale.
In sintesi, questi dati suggeriscono che:
- la presenza di un urotelio positivo per la mutazione di BRAF è altamente specifica per confermare un sospetto diagnostico di TCC, indipendentemente dal campione biologico utilizzato (100% di specificità del test).
- l’assenza della mutazione non può escludere una neoplasia uroteliale (sensibilità quindi non assoluta, con possibili falsi negativi). Un risultato negativo in presenza di TCC può essere ascrivibile a due motivi principali. Il primo è legato al fatto che una ridotta percentuale di TCC nel cane potrebbe risultare negativa alla mutazione di BRAF. Il secondo motivo, probabilmente molto più importante, è dipendente dalla composizione cellulare del campione analizzato: infatti se il test viene eseguito su sedimento urinario privo di cellule neoplastiche (perché non presenti o degenerate) questo comporterà l’assenza di DNA contenente la mutazione.
Riguardo al ruolo prognostico di BRAF, i dati sono ancora scarsi ma promettenti. Secondo un lavoro recente di Gedon e colleghi, appena pubblicato sulla rivista Veterinary Comparative Oncology, la mutazione V595E del gene BRAF era stata individuata nel 64% dei cani con TCC.
Pur non avendo alcun impatto sulla sopravvivenza, in analisi univariata i cani con mutazione BRAF avevano un outcome differente a seconda del protocollo farmacologico utilizzato. In particolare, il protocollo mitoxantrone e clorambucile raddoppiava la sopravvivenza rispetto al protocollo monofarmaco con mitoxantrone, al contrario dei cani senza mutazione BRAF, per i quali non c’era alcuna differenza significativa.
Da quest’anno, Mylav offrirà il test genetico ai colleghi clinici, eseguibile su qualsiasi tipo di materiale biologico sospetto per TCC (es. biopsia istologica, strisci citologici da cateterismo traumatico, sedimento urinario). Un test positivo permetterebbe così di confermare in modo specifico il sospetto clinico di TCC.
Luca Aresu, Med. Vet. Università di Torino
Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV
Ugo Bonfanti, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Sanitario di MYLAV.
Laura Marconato, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Internal Medicine - Small Animal Oncology Pathology (Dipl. ECVIM-Oncology), Università di Bologna
Michele Marino, Biol. Mol. Responsabile del settore di Biologia Molecolare di MYLAV.
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