FLUDT: antibiotici si, antibiotici no
Con l’acronimo FLUTD (Feline Lower Urinary Tract Disease) vengono comprese malattie delle vie urinarie inferiori molto comuni nel gatto, e che si possono associare a manifestazioni cliniche caratteristiche quali disuria, pollachiuria, stranguria, ematuria e periuria (urinazione in luoghi in inappropriati). Questa sintomatologia, in particolare nei gatti maschi, può poi associarsi a ostruzione uretrale. La FLUTD è molto comune nel gatto e le cause più importanti sono la cistite idiopatica felina (FIC) e l’urolitiasi (che da sole coprono la quasi totalità dei casi), ma esistono poi altre cause meno frequenti quali ad esempio stenosi uretrali e infezioni del tratto urinario (UTI).
L’approccio diagnostico deve comprendere una valutazione anamnestica e clinica dell’animale al fine di escludere fattori predisponenti (es.: malformazioni, tipo di dieta, fattori stressanti ambientali, pregressa urolitiasi, etc.) e deve includere l’esame delle urine oltre che la diagnostica per immagini. Spesso, se la condizione clinica lo richiede, si ricorre all’esecuzione di esami ematochimici. Se il paziente presenta ostruzione uretrale deve essere gestito in emergenza.
Le urine mostrano spesso ematuria (macro e/o microscopica), proteinuria e cristalluria (in particolare da struvite o ossalato di calcio), più raramente leucocituria e batteriuria.
Il trattamento è volto alla gestione della causa sottostante e spesso (in modo differente a seconda dei casi) si cerca di agire sui fattori stressanti ambientali o gli aspetti comportamentali, si interviene aumentando l’apporto idrico e correggendo la dieta, si somministrano eventualmente antidolorifici/antinfiammatori o spasmolitici. Nei casi più gravi o in quelli con ostruzione uretrale, l’animale deve essere ospedalizzato per ricevere fluidoterapia e gestire la disostruzione delle vie urinarie a 360°.
Molti colleghi utilizzano fin da subito un trattamento antibiotico indipendentemente dalle potenziali cause sottostanti. Ma è davvero utile? È necessario in questi casi fare sempre un’urinocoltura? Probabilmente la risposta è NO! Anzi il trattamento antibiotico in molti casi può portare poi a problemi più gravi.
La frequenza di UTI nel gatto giovane con sintomatologia riferibile a FLUTD è in realtà molto bassa (circa 1% dei casi) per cui di solito gli urologi veterinari non raccomandano l'urinocoltura in prima battuta. Non è comunque sbagliato eseguire un esame batteriologico delle urine se non ci sono limitazioni economiche, ma questo esame sarebbe più indicato se sono presenti chiari fattori predisponenti quali ad esempio positività a FIV, pregresse UTI, pregressi e recenti trattamenti antibatterici, problemi urologici cronici, immunodepressione di altra natura. A maggior ragione è sconsigliato/controindicato l’utilizzo di antibiotici alla cieca.
Attualmente non è raccomandata la terapia antibatterica, nemmeno durante la permanenza in sede del catetere uretrale. La procedura deve essere eseguita in asepsi e il catetere deve essere sempre gestito con un sistema chiuso di raccolta delle urine. Con queste attenzioni, che anche noi utilizziamo nella pratica quotidiana, l'infezione (o meglio la batteriuria) si sviluppa in poco più del 10% dei casi (vedi Cooper et al., Incidence of bacteriuria at presentation and resulting from urinary catheterization in feline urethral obstruction; JVECC 2019). In un recente studio retrospettivo eseguito presso l’Ospedale veterinario universitario dell’Università di Bologna, la frequenza di infezioni nel gatto ostruito “post-disostruzione” (non trattato con antibiotico) è del 15%. Se il gatto viene trattato con antibiotico prima e durante la procedura, e durante la permanenza del catetere uretrale, si aumenta esponenzialmente il rischio che l'infezione del tratto urinario successiva sia causata da batteri resistenti alla terapia antibiotica che è stata impostata. Unica eccezione a questa regola è legata alla gravità del quadro clinico del gatto (c.d. gatto moribondo!) e/o alla chiara evidenza di infezione già presente al momento della applicazione del catetere urinario (in questo caso sarà necessaria da subito l’urinocoltura)
Sul post-cateterismo, quello che viene raccomandato attualmente (e che anche noi facciamo in Università), è valutare la clinica del paziente ed il sedimento urinario nei giorni successivi all'asportazione del catetere e, se si hanno dubbi che possa essersi verificata un’infezione catetere associata (c.d. CAUTI), in quel caso deve venir effettuato un esame batteriologico (da cistocentesi e non da campione ottenuto attraverso il catetere stesso). La sola presenza di batteri al sedimento urinario, tuttavia, soprattutto nei primi giorni dopo l’asportazione del catetere, non indica per forza che questi batteri abbiano “attechito” nelle vie urinarie e che siano causa di infezione. L’urinocoltura e soprattutto il trattamento antibatterico in questi casi sono raccomandati solo quando siano presenti evidenti segni clinici di infezione!
L’obiettivo principale di noi veterinari deve essere sempre quello di risolvere il problema e normalizzare la minzione del paziente in modo completo e nel tempo più rapido possibile. Solo questo consentirà al gatto di guarire altrettanto in fretta e di non sviluppare infezioni o altre complicazioni.
A breve pubblicheremo le nuove Linee Guida internazionali ISCAID (International Society for Campanion Animal Infectious Diseases) sulle UTI in cui potrete trovare molte altre informazioni al riguardo.
Francesco Dondi, Consulente di MYLAV, Università di Bologna
Walter Bertazzolo, Direttore Scientifico di MYLAV
Commenti (2)
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