LA MIOCARDITE NEL CANE: UNA SFIDA DIAGNOSTICA COSTANTE
Con il termine miocardite si intende una patologia infiammatoria non specifica a carico del muscolo cardiaco.
L’incidenza di questa patologia nella specie canina non è conosciuta (in alcuni lavori scientifici retrospettivi di necroscopia è riportata nell’1.5 % dei casi) ed in letteratura sono presenti prevalentemente case reports e case series, mentre sono scarsi gli studi di impatto maggiore, anche se nel 2020 è stato pubblicato dal Journal of Veterinary Cardiology un ampio studio retrospettivo che ne ha analizzato la presentazione clinica, l’eziologia ed ha valutato l’outcome dei pazienti affetti, includendone tutte le possibili cause.
Tra queste, le più comuni cause infettive riportate sono la tripanosomiasi, la leishmaniosi, la parvovirosi e la toxoplasmosi, seguite da neosporosi, borreliosi, erlichiosi, leptospirosi e bartonellosi.
Tra le eziologie non infettive sono riportati alcuni farmaci e tossici, patologie immuno-mediate, traumi, il colpo di calore e le miocarditi idiopatiche. Secondo lo studio retrospettivo di Lakhdhir et all, la causa più frequente rimane la sepsi batterica e l’estensione di un’endocardite infettiva.
Secondo l’autore è interessante notare come i soggetti che ne sono affetti presentano letargia e disoressia, debolezza e segni gastro-enterici; solo una minima percentuale dei cani affetti da miocardite viene condotto in visita per tachipnea, intolleranza all’esercizio fisico, tosse e sincope.
Oltre ad altre alterazioni, quali ad esempio l’ipertermia, all’esame obiettivo generale, dal punto di vista cardiologico alla visita clinica è possibile notare tachipnea, la presenza di un soffio cardiaco ed anomalie alla palpazione del polso arterioso.
L’esame elettrocardiografico rivela nella maggior parte dei casi battiti ectopici ventricolari (Figura 1) e tachicardie ventricolari, anche se nelle fasi acute è di comune riscontro anche il blocco atrio-ventricolare di terzo grado, mentre l’esame ecocardiografico mostra sempre una riduzione della funzione sistolica ventricolare, con una riduzione della frazione di accorciamento e di eiezione, anche se rimane controverso il meccanismo alla base della transizione dall’iniziale stimolo infiammatorio e conseguente danno miocardico acuto alla disfunzione ventricolare.
La dilatazione camerale può o meno accompagnare il quadro ipocinetico, così come l’eterogeneità del miocardio e la presenza di versamento pericardico. Nelle fasi più avanzate si ha un’evoluzione verso la fibrosi miocardica, in cui la componente infiammatoria non è più evidente.
Figura 1. Tracciato ECG in corso di miocardite.
La diagnosi definitiva è istopatologica, mediante la dimostrazione di infiammazione miocardica (basandoci sul tipo di infiltrato cellulare può essere classificata in eosinofilica, linfocitica, a grandi cellule, o granulomatosa) che può essere accompagnata o meno da necrosi, pertanto la diagnosi antemortem richiede l’esecuzione di biopsie miocardiche, che tuttavia non sono effettuate routinariamente (al contrario di quanto avviene in medicina umana), in quanto vengono eseguite in pochi centri specialistici e richiedono l’anestesia generale del paziente, che solitamente è instabile al momento della presentazione clinica.
Per questo motivo la diagnosi in veterinaria è spesso presunta e basata sull’interpretazione individuale del cardiologo, mentre è sempre una buona pratica scientifica standardizzare i criteri diagnostici per una determinata patologia.
A tale scopo estremamente utile potrebbe essere la classificazione proposta, basata su criteri maggiori e minori, per emettere una diagnosi possibile o definitiva di miocardite (Tabella 1).
Tabella 1: Criteri minori e maggiori proposti per la diagnosi di miocardite nel cane.
Secondo quanto individuato, potremmo dunque emettere una diagnosi di miocardite in caso di conferma istologica di infiammazione attraverso biopsie endomiocardiche, in presenza di entrambi i due criteri maggiori o con un criterio maggiore e due criteri minori.
Una miocardite è invece possibile se il nostro paziente presenta un criterio maggiore e due criteri minori o quattro criteri minori.
La terapia della miocardite non prevede un unico protocollo e rimane una sfida a causa della difficoltà di ottenere una diagnosi definitiva e di riconoscere l’eziologia della patologia.
Indubbiamente gli sforzi devono essere volti alla stabilizzazione del paziente e parallelamente alla ricerca della causa scatenante, gestendo i segni clinici, che spesso sono legati allo scompenso cardiaco.
La prognosi dei soggetti che ne sono affetti è riservata-infausta, e la presenza di azotemia e di versamento pericardico al momento della diagnosi vanno considerati come fattori prognostici negativi.
Bibliografia
- Lakhdhir S, et al. Clinical presentation, cardiovascular findings, etiology, and outcome of myocarditis in dogs: 64 cases with presumptive antemortem diagnosis (26 confirmed postmortem) and 137 cases with postmortem diagnosis only (2004-2017). J Vet Cardiol. 2020. Aug;30:44-56
- Santilli R, et al. Prevalence of selected cardiotropic pathogens in the myocardium of adult dogs with unexplained myocardial and rhythm disorders or with congenital heart disease. J Am Vet Med Assoc. 2019 Nov 15;255(10):1150-1160.
- Molesan A, et al. The Causes of Canine Myocarditis and Myocardial Fibrosis Are Elusive by Targeted Molecular Testing: Retrospective Analysis and Literature Review. Vet Pathol. 2019. PMID: 31106678.
Marta Claretti, Med. Vet., Esperto in Cardiologia di Mylav
Commenti
- Nessun commento trovato
Lascia i tuoi commenti
Login per inviare un commento
Posta commento come visitatore