Comprendere la variabilità in patologia clinica - Terza parte
Chiudiamo questa breve serie di post sulla variabilità in patologia clinica: è sicuramente il più complesso da comprendere per i non specialisti, ma è probabilmente il più importante per la pratica quotidiana.
Dopo avervi riassunto le principali fonti di variabilità ed inaccuratezza analitica, consideriamo in quest’ultimo appuntamento quelle che dipendono invece dai soggetti che andiamo a campionare, e sono quindi legati alla BIOLOGIA dei pazienti.
La Variabilità Biologica è alla base della biodiversità nelle specie ed è il motore principale dell’evoluzione. Quando parliamo di variabilità biologica dobbiamo considerare due componenti principali:
- Variabilità individuale: ogni nostra caratteristica biologica non è perfettamente costante nel tempo e cambia in base a numerosi aspetti fisiologici più o meno costanti. Per tale ragione, qualsiasi misura di laboratorio, se ripetuta continuamente nel tempo, tenderà ad oscillare più o meno ampiamente attorno ad un valore medio (o mediano), il cosidetto “set-point omeostatico”. Immaginiamo ad esempio di misurarci ogni ora per diversi giorni la glicemia: è impossibile ottenere valori sempre perfettamente identici, che invece probabilmente oscilleranno attorno ai 100 mg/dL (se non abbiamo problemi del metabolismo glucidico). Ovviamente gli scostamenti maggiori saranno quelli successivi al pasto, ed è per questo che quando decidiamo di effettuare un controllo di laboratorio, cerchiamo di eseguire i prelievi ematici a digiuno, per evitare influenze fisiologiche potenzialmente fuorvianti. Ci sono analiti che nel tempo hanno una variabilità individuale molto bassa, per cui cambiano poco tra un prelievo ed un altro: sono in realtà (e per fortuna) la maggior parte delle misure emato-biochimiche. Altre invece hanno variabilità individuali maggiori, vedremo poi un esempio pratico che utilizziamo quotidianamente in clinica.
- Variabilità inter-individuale: questa si riferisce a variazioni tra animali appartenenti alla stesso gruppo. Anche se prendiamo animali della stessa specie, razza, sesso, età e caratteristiche fisiologiche, è impossibile ottenere misure di laboratorio identiche tra i vari soggetti. Per questa ragione facciamo uso quotidianamente dei “valori di riferimento”, che sono una stima statistica della variabilità di quella misura in un gruppo di animali clinicamente sani di quella particolare specie. Questi valori di riferimento ci aiutano a capire se la misura individuata in un nostro paziente rientra all’interno di un range di variabilità biologica accettabile, oppure è da considerarsi anomala, e quindi potenzialmente indicativa di uno stato patologico.
Negli ultimi anni, tanto nell’uomo quanto negli animali, molte ricerche si sono concentrate su questi aspetti e sul loro impatto clinico: uno degli esempi più recenti ed interessanti in veterinaria, è il confronto tra la Creatinina e l’SDMA nel cane e nel gatto. Sono analiti che pensiamo di conoscere bene e che vengono usati nella pratica per valutare la funzione renale. Ci hanno sempre spiegato che, mentre la Creatinina è piuttosto specifica nel rilevare riduzioni della velocità di filtrazione glomerulare (VFG), è tuttavia meno sensibile della SDMA. In base ai primi studi pubblicati, l’SDMA ha dimostrato una maggiore capacità di rilevare cambiamenti precoci della VFG rispetto alla Creatinina. Ma ci sono altri aspetti emersi più recentemente che differenziano i due analiti, e che dovremmo conoscere.
Creatinina
La creatinina è caratterizzata da una variabilità analitica ed individuale piuttosto bassa, mentre al contrario ha una variabilità inter-individuale più marcata. Questo significa che:
- Analiticamente ha un grado di precisione molto alto
- Un soggetto clinicamente stabile e con una massa muscolare altrettanto stabile, avrà un valore di creatinina piuttosto costante se misurato più volte nel tempo
- Soggetti sani della stessa specie, possono invece avere valori di Creatinina molto diversi tra loro. Inoltre si conoscono bene situazioni in cui la Creatinina può essere più alta del normale anche in soggetti del tutto sani (pensate ad esempio ai gatti Birmani, che hanno spesso valori tra 2-2,5 mg/dL di Creatinina anche in condizioni di normalità).
Riassumo questi concetti nella figura successiva: immaginate di prendere 5 animali e di misurare periodicamente per 5 volte la loro Creatinina: se sono clinicamente stabili e con massa muscolare più o meno costante, i valori ottenuti avranno più o meno un andamento come schematizzato. Ogni soggetto potrà avere concentrazioni medie/mediane di creatininemia molto diverse da un altro soggetto sano, ma il suo valore è piuttosto costante nel tempo. La somma di variabilità analitica e biologica individuale per la creatinina è quindi piuttosto bassa, mentre la variabilità inter-individuale è abbastanza evidente.
Figura 1. In 5 pazienti è stata misurata la creatinina in 5 momenti differenti. I punti identificano le singole misurazioni. La linea corrisponde al valore mediano. L'area in giallo rappresenta l'intervallo di riferimento per la specie.
SDMA
Parliamo ora della SDMA. Questa ha un grado di precisione analitica inferiore alla creatinina e un grado di variabilità individuale superiore. Ho cercato anche in questo caso di schematizzare questa situazione immaginando di misurare, sui 5 animali precedenti e per 5 giorni diversi, anche l’SDMA. Come si nota dalla figura, la variabilità di ogni singolo soggetto è più ampia della Creatinina.
Figura 2. In 5 pazienti è stata misurata l'SDMA in 5 momenti differenti. I punti identificano le singole misurazioni. La linea corrisponde al valore mediano. L'area in giallo rappresenta l'intervallo di riferimento per la specie.
Recenti studi nella specie felina hanno per esempio stimato che il valore reale di SDMA (ovvero il suo “set point omeostatico”) ottenuto con una singola misurazione in un gatto, è probabilmente compreso tra valori ±40-60% rispetto alla misura ottenuta. Per cui ad esempio, in un gatto con SDMA di 15 μg/dL, il suo valore reale dovrebbe essere probabilmente compreso tra 9 e 21 μg/dL! Per la creatininemia, questa % di dispersione dei risultati è decisamente più bassa (intorno al 20% in uno studio nel gatto). Se lo stesso animale avesse ad esempio una creatininemia di 1,0 mg/dL, la sua reale concentrazione dovrebbe essere compresa quindi tra 0,8 e 1,2 mg/dL.
Queste differenze tra i due analiti si traducono in sostanza in due aspetti fondamentali:
1) Volendo stabilire per un determinato paziente il “set-point omeostatico”, per la creatinina sono sufficienti poche misurazioni in giorni diversi, mentre per l’SDMA ne sarebbero necessarie molte di più (circa 10 volte quelle della creatinina).
2) Un’ampia variazione tra una misurazione e l’altra di SDMA in un nostro paziente, non è detto che sia dovuta per forza ad un cambiamento clinico, in quanto dobbiamo tenere conto della variabilità analitica e individuale maggiore. Invece una piccola variazione della creatininemia nel nostro paziente potrebbe significare un cambiamento clinico significativo.
Nel cane queste fonti di variazione sono un po' meno studiate ma, da un lavoro disponibile in letteratura, sembrano decisamente inferiori rispetto al gatto. Per i fanatici dell'argomento che volessero approfondire, vi invito alla lettura dei recenti studi in Bibliografia:
Kopke et al (2018) Variability of Symmetric Dimethylarginine in Apparently Healthy Dogs. Journal of veterinary internal medicine; 32:736–742
Prieto et al (2019) Biologic variation of symmetric dimethylarginine and creatinine in clinically healthy cats. Veterinary Clinical Pathology; DOI: 10.1111/vcp.12884
Baral et al (2021) Analytical performance goals for SDMA in cats. Veterinary Clinical Pathology DOI: 10.1111/vcp.12951
Baral et al (2021) Comparison of serum and plasma SDMA measured with point-of-care and reference laboratory analysers: implications for interpretation of SDMA in cats. Journal of feline medicine and surgery; doi.org/10.1177/1098612X20983260
Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.
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