Comprendere la variabilità in patologia clinica - Prima parte
Ogni clinico vorrebbe che i numeri che scaturiscono dagli esami di laboratorio fossero infallibili, come scolpiti nelle tavole della legge: ma viviamo in un mondo in cui l'incertezza fa parte del gioco. Invece che negarla o pensare che non possa esistere, è molto meglio cercare di comprenderla e capire come la variabilità in medicina di laboratorio possa influenzare le nostre decisioni cliniche.
Questo è il primo post introduttivo di una breve serie di blog sull'argomento: la variabilità in patologia clinica. E' importante conoscere il suo significato per evitare di commettere errori interpretativi allorché si analizzano i risultati dei nostri pazienti.
Ognuno di noi è bon consapevole che le misure che vengono effettuate su un organismo vivente non sono costanti. Per meglio capire questo discorso farò due esempi di facile comprensione: pensiamo ad esempio al nostro peso corporeo, oppure ad una misura di laboratorio estremamente comune, la glicemia.
Se immaginiamo di misurarle frequentemente su di noi, ci renderemo conto che è ben difficile che siano perfettamente costanti, anche se le misurazioni vengono effettuate in un breve periodo ed utilizzando sempre lo stesso strumento. Se la variabilità nelle due misure è molto modesta, difficilmente ci condurrà ad una interpretazione sbagliata dei dati; ma se questa variabilità è molto alta, potremmo avere dei dati confondenti: immaginate di avere in una misura una glicemia di 100 mg/dL e in quella successiva di 160 mg/dL: quale delle due sarà più indicativa dello stato glicemico del paziente? da cosa potrebbe dipendere questa differenza di risultati?
La variabilità nella misura di una determinata caratteristica biologica ha due origini principali:
1) Variabilità biologica
2) Variabilità analitica
La prima dipende dal fatto che ogni nostra caratteristica fisiologica non è costante nel tempo e può variare più o meno velocemente e significativamente nel tempo. Ci sono misure che variano banalmente durante la giornata: noi pesiamo di meno alla mattina che dopo un pasto abbondante a cena. E lo stesso dicasi per la glicemia: il valore a digiuno sarà sicuramente più basso del corrispettivo dopo un bel pasto ricco di carboidrati. Quando analizziamo la concentrazione di ciascuna analita misurato in laboratorio, dovremmo sapere se e quali possono essere gli eventuali effetti legati ad un determinato stato fisiologico: ad esempio se ci sono effetti circadiani, oppure se uno stato di gravidanza possa influire, o ancora se ci possono essere variazioni legati ad età, razza, sesso, ecc. Tutti questi fattori possono influire sulla variabilità biologica di una misura: ricordiamoci che ogni essere vivente è un po' diverso dagli altri della sua stessa specie. Questa diversità è importantissima perché è alla base dell'adattamento evolutivo degli organismi sulla terra.
Il secondo fattore non dipende dall'animale che stiamo analizzando, ma da come quel valore viene misurato. Le tecniche di misura e gli strumenti utilizzati non sono tutti uguali, alcuni sono più performanti di altri. La tecnologia ci permette di ridurre sempre di più questa variabilità analitica, ma non possiamo eliminarla del tutto. Possiamo però studiarla e prevederla.
Sono sempre più numerosi gli studi che analizzano l'effetto della variabilità biologica ed analitica sui risultati di laboratorio, anche in medicina veterinaria. Con nostri due prossimi blog analizzeremo meglio questi aspetti: questo ci permetterà di essere più consapevoli di questi fattori, e quindi più bravi ad interpretare i risultati degli esami che ogni giorno ci guidano nelle nostre decisioni cliniche.
Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.
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