Quando un semplice esame di routine assume un valore prognostico
Nonostante la ricerca moderna individui biomarker avanzati e metodi diagnostici sempre più sofisticati, quali strumenti di diagnosi e prognosi, negli ultimi anni, diversi studi hanno rivalutato l'uso di semplici dati di laboratorio al fine di ottenere informazioni prognostiche in diverse patologie, sia nell'uomo che negli animali. Vediamone alcuni esempi.
Prendo spunto da un paio di articoli pubblicati recentemente sul Veterinary Comparative Oncology.
Il primo analizza l'utilità del rapporto tra neutrofili e linfociti nella prognosi dei carcinomi mammari del gatto (Petrucci et al, Vet Comp Oncol 2021).
Sappiamo come questo gruppo di neoplasie sia estremamente aggressiva nei gatti e le maggiori indicazioni prognostiche dipendono da stadio clinico e dal grado istologico della neoplasia. Numerosi nuovi indicatori di prognosi sono stati studiati in questo ambito (es. marker di proliferazione cellulare e vasale nella neoplasia), ma come spesso accade, questi restano perlopiù confinati al modo della ricerca e trovano difficilmente degli sbocchi pratici. Siccome le cellule circolanti nel sangue periferico possono riflettere indirettamente il rapporto tra sistema immunitario e neoplasia, gli autori dello studio hanno analizzato se la composizione leucocitaria dei gatti affetti da carcinoma mammario, fosse in grado di avere un valore prognostico. Tanto nell'uomo quanto nel cane, diverse pubblicazioni nel recente passato hanno dimostrato come un'elevata "ratio" tra il numero di neutrofili e di linfociti nel sangue, fosse correlata con un "outcome" peggiore in diverse patologie oncologiche (es. cancro della mammella nell'uomo, nel mastocitoma, linfoma e alcuni sarcomi del cane e nel sarcoma iniettivo indotto felino). Nello studio pubblicato da Petrucci e collaboratori, 49 gatti con carcinoma mammario con stadio clinico WHO compreso tra I e III, sono stati inclusi ed analizzati retrospettivamente.
I fattori prognostici più importanti in grado di predire la progressione della malattia e la mortalità erano: la dimensione della neoplasia primaria (peggiore con diametro >3cm), lo stadio clinico WHO (III peggiore di I/II), la presenza di invasione metastatica ematica e linfonodale, la presenza di leucocitosi neutrofila e un rapporto elevato Neutrofili/Linfociti: i pazienti con un rapporto Neutrofili/Linfociti >2,5 mostravano infatti tempi liberi da neoplasia e sopravvivenze peggiori rispetto a quelli con una ratio <2,5. L'aumento di questa ratio potrebbe indicare una aumentata risposta infiammatoria neutrofilica nel confronti della neoplasia o una ridotta attività citotossica mediata dai linfociti.
Figura 1. Esame istologico di carcinoma mammario felino (per gentile concessione di Luisa Vera Muscatello, Med. Vet. DiplECVP)
In maniera simile, Boyé et al (Vet Comp Oncol, 2021) hanno valutato l'utilità della concentrazione dei D-dimeri plasmatici quale marker di prognosi del linfoma canino.
Anche in questa patologia oncologia, diversi studi precedenti hanno analizzato vari rilievi clinici (es. stadio clinico WHO), clinicopatologici (es. ipercalcemia, LDH sierica, CRP) e istopatologici ( es. tipo di linfoma, fenotipo, marker di proliferazione, ecc.) che possono apportare una qualche informazione prognostica.
I D-dimeri vengono prodotti in caso di accelerata fibrinolisi ed incontrollata attivazione dell'emostasi: in corso di neoplasia maligna, questi processi possono essere indotti direttamente dalle cellule neoplastiche o dalla flogosi che la neoplasia induce. Nello studio di Boyé e collaboratori, 48 cani con linfoma a vario stadio clinico e con differente fenotipo, sono stati suddivisi in due gruppi: uno con D-dimeri <0,5 ug/dL e uno >0,5 ug/dL. Sebbene non ci fossero differenze significative in termini di frequenza di stadio clinico e sottotipo neoplastico tra i due gruppi, il gruppo di pazienti con le concentrazioni più elevate di D-dimeri ha mostrato una prognosi significativamente peggiore.
Questi recenti studi devono farci rivalutare l'importanza prognostica degli esami di base in numerose patologie umane ed animali, nonostante la sempre maggior disponibilità di tecnologie diagnostica avanzate.
Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.
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