COME SFRUTTARE I TEST ANTIGENICI PER LA DIAGNOSI DI FILARIOSI CARDIOPOLMONARE NEL CANE
Come vanno utilizzati ed interpretati i test per la diagnosi di filariosi cardiopolmonare nel cane? Facciamo il punto della situazione con le attuali conoscenze scientifiche.
In questa prima parte parleremo in particolare dei test antigenici su sangue periferico e della loro reale accuratezza diagnostica.
I test antigenici per la diagnosi di filariosi cardiopolmonare, oltre a essere rapidi e di facile esecuzione, sono considerati molto affidabili perché in grado di rilevare anche piccole concentrazioni di antigeni parassitari circolanti. Gli antigeni vengono liberati solo dai parassiti adulti (quindi almeno 6 mesi dopo l’infestazione), principalmente dalle macrofilarie femmine (specialmente gravide) e in concentrazioni molto più basse dai maschi. In presenza di un sospetto clinico fondato sono spesso indispensabili per arrivare a una diagnosi definitiva, ma sono molto utili anche per screening essendo dotati di Sensibilità e Specificità molto elevate, che in quasi tutti i test in commercio si attesta attorno al 98% per entrambi i valori.
Ma cosa sono sensibilità e specificità?
La sensibilità di un test è la sua capacità di identificare correttamente gli animali malati e risponde alla domanda: “quanti, degli animali malati sottoposti al test, sono positivi?”. In termini di probabilità, la Sensibilità è la probabilità che un animale malato risulti positivo al test o la proporzione di animali malati che risultano positivi al test.
La Specificità di un test è la sua capacità di identificare correttamente gli animali sani. Rispondendo alla domanda: “quanti, degli animali sani sottoposti al test, sono negativi?”. In termini di probabilità, la Specificità è la probabilità che un animale sano risulti negativo al test o la proporzione di animali sani che risultano negativi al test. Fino a non molto tempo fa la specificità dei test antigenici per D. immitis era considerata essere del 100%. Da qualche tempo tuttavia sono ben note possibilità di false positività ascrivibili a reazioni crociate con altri parassiti. Angiostrongylus vasorum, Spirocerca lupi, Dirofilaria repens in primis, ma potenzialmente anche altre specie di nematodi (come Acantocheilonema dracunculoides e Dracunculus medinensis) e cestodi.
Da un punto di vista clinico è importante ricordarsi, quando si valuta il risultato di un test, quali sono i suoi valori di Sensibilità e Specificità. In genere sono dichiarati dal produttore e/o sono dati pubblicati da studi sull’argomento, e dovrebbero quindi essere noti prima dell'applicazione del test sulla popolazione in esame.
Al clinico però, interessa probabilmente molto di più rispondere alla seguenti domande:
- Ho fatto un test diagnostico, ed è risultato positivo: qual’è la probabilità che quel paziente abbia davvero quella patologia (nel nostro caso sia infestato da filarie)? Ovvero che quel risultato sia un VERO POSITIVO e non un FALSO POSITIVO?
- Ho fatto un test diagnostico, ed è risultato negativo: qual’è la probabilità che quel paziente NON abbia davvero quella patologia (nel nostro caso NON sia infestato da filarie)? Ovvero che quel risultato sia un VERO NEGATIVO e non un FALSO NEGATIVO?
Per poter rispondere a queste due domande, è necessario prendere in considerazione il Valore Predittivo, ovvero la probabilità che un soggetto positivo ad un test di screening sia effettivamente affetto da quella patologia in esame (Valore Predittivo Positivo, VPP), oppure viceversa, che uno negativo al test sia veramente non affetto dalla malattia in esame (Valore Predittivo Negativo, VPN).
Il problema più grande dei Valori Predittivi, è che a parità di test diagnostico e di performance ben stabilite in termini di Sensibilità e Specificità, essi invece variano in base alla prevalenza della patologia in quella specifica popolazione in esame: in sostanza in una popolazione dove la prevalenza della filariosi è elevata, un valore positivo al test è molto più probabile che sia un Vero Positivo che un Falso Positivo. Viceversa in una popolazione con bassa prevalenza della filariosi, la probabilità di un Falso positivo è nettamente più alta. La comprensione di questa relazione è facilitata dalla tabella sottostante che evidenzia, utilizzando un test antigenico con Sensibilità e Specificità del 98%, i diversi Valori Predittivi in relazione alla prevalenza della Filariosi.
Come si può osservare, il Valore Predittivo Positivo in corso di screening in un’area con prevalenza di Filariosi cardiopolmonare vicina all’ 1%, in caso di positività del test è circa del 50%. Ossia la probabilità che sia un Vero Positivo o un Falso Positivo sono 50% e 50% essendo la percentuale di veri positivi sovrapponibile alla percentuale attesa di falsi positivi al test.
Per incrementare il Valore Predittivo Positivo del test antigenico, è consigliabile eseguire contemporaneamente un altro test biologicamente diverso, che si basi, cioè su altra metodologia diagnostica. Nel caso della Filariosi cardiopolmonare il test di Knott. Un eventuale positività al test di Knott confermerebbe al 100% la diagnosi.
Per questo motivo le linee Guida ESDA (European Society of Dirofilariosis and Angiostrongylosis) e AHS (American Heartworm Society), raccomandano di eseguire sempre contemporaneamente i 2 test per incrementarne i Valori Predittivi Positivi e Negativi.
Altri test quali PCR su sangue non trovano applicazione in questo contesto. La PCR ricerca il DNA contenuto nelle microfilarie circolanti (gli adulti non eliminano DNA ma solo antigeni), con una sensibilità molto più bassa rispetto al test di Knott, poiché esamina volumi ematici circa 5 volte inferiori. In caso di microfilaremie con livelli di microfilarie pari o inferiori a 5-6 larve/ml è molto spesso falsamente negativa. Non ha alcun senso quindi eseguirla in caso di negatività al test di Knott.
Qualora non sia possibile eseguire un test di Knott, pur essendo molto semplice, rapido ed economico, è possibile effettuare la ricerca ed identificazione morfologica delle microfilarie con valutazione di uno striscio ematico con colorazione rapida (Romanowsky), che presenta sensibilità e specificità, se l’identificazione morfologica è effettuata correttamente, pari a quella della PCR ma con costi decisamente inferiori.
In conclusione i test antigenici per Dirofilaria immitis sono fondamentali per la diagnosi ma devono essere interpretati in relazione al loro uso. In caso di positività non confortata da un dato anamnestico (area a bassa prevalenza, proprietari che hanno effettuato chemioprofilassi, soggetti vicini ai 6 mesi di età), di laboratorio (Test di Knott negativo) o di diagnostica strumentale (mancata visualizzazione di macrofilarie in corso di ecocardiografia), prima di emettere una diagnosi e ancor più effettuare un trattamento, è indispensabile escludere false positività legate a reazioni crociate, in primis da Angiostrongylus vasorum e Dirofilaria repens.
Parleremo ancora di filariosi nella prossima puntata del nostro blog, a presto
Luigi Venco, Dipl. EPVC, consulente del laboratorio MYLAV
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