LA VALUTAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DELLE URINE: PS E OSMOLALITA’
La valutazione della capacità di concentrare le urine, è un aspetto fondamentale in medicina interna, in quanto ci permette di capire come sta reagendo il nostro apparato escretore alle differenti condizioni fisiologiche.
Sapere se i reni sono in grado di concentrare o diluire le urine nelle varie condizioni cliniche, è pertanto uno step essenziale per l’internista nel percorso diagnostico di molte patologie.
La concentrazione urinaria viene solitamente determinata misurando il peso specifico (PS) mediante semplici strumenti di misura a basso costo (rifrattometri). Tuttavia, il metodo di riferimento per misurare la concentrazione delle urine (o di qualsiasi soluzione in generale) è l’osmometria.
Cerchiamo di spiegare quali sono le differenze tra le due misurazioni.
Il PS misurato con i rifrattometri è in realtà una stima della concentrazione urinaria: lo strumento trasforma l’indice di rifrazione (IR) di una soluzione (le urine in questo caso) in un PS stimato.
Molti rifrattometri riportano infatti entrambe le scale di misura (IR e PS). Questa semplice tecnologia viene sfruttata in diversi ambiti, per esempio in viticoltura si usano i rifrattometri per valutare il contenuto zuccherino dell’uva prima della vendemmia.
Gli osmometri sono strumenti analitici che permettono di misurare con precisione la concentrazione di una soluzione: essi ne misurano infatti l’osmolarità o l’osmolalità. Queste non sono proprio uguali, in quanto indicano rispettivamente la concentrazione in Osmoli di soluto su litro di soluzione (Osmolarità) oppure Osmoli di soluti su kg di soluzione (Osmolalità).
Normalmente in medicina si considera la seconda misura, quindi dovremmo sempre parlare di Osmolalità.
Fig. 1 - Osmometro utilizzato in ambito chimico clinico.
Premesso che ovviamente la misura diretta dell’Osmolalità è più accurata della misurazione del PS, quali sono le reali differenze tra le due?
Nella stragrande maggioranza dei casi esiste un’eccellente correlazione tra PS e Osmolalità, dimostrata in numerosi studi nell’uomo e negli animali. A titolo esplicativo, vi mostro alcuni esempi di confronto tra le due misure:
PS 1.001 corrisponde a circa 40 mOsm/Kg
PS 1.005 corrisponde a circa 150 mOsm/Kg
PS 1.010 corrisponde a circa 350 mOsm/Kg
PS 1.015 corrisponde a circa 450 mOsm/Kg
PS 1.020 corrisponde a circa 700 mOsm/Kg
PS 1.040 corrisponde a circa 1600 mOsm/Kg
PS 1.060 corrisponde a circa 2400 mOsm/Kg
Un’urina con concentrazione di 1000 mOsm/Kg per esempio, sarà due volte più concentrata di una con 500 mOsm/Kg. Una urina con PS di 1.030 sarà “approssimativamente” due volte più concentrata di una con PS di 1.015, questo perchè - come già detto - la rifrattometria non misura direttamente la concentrazione, ma ne determina una stima.
Nella pratica clinica l’uso del rifrattometro è ormai estremamente diffuso, anche perché esiste una notevole differenza di costi tra un rifrattometro ed un osmometro, e i risultati tra le due misure sono quasi sempre correlati in maniera sufficiente per garantire una interpretazione clinica corretta.
Ci sono però situazioni in cui la misurazione dell’osmolalità urinaria è sicuramente più “sicura” per la valutazione della concentrazione urinaria, di quella del PS.
Per capirlo, devo fare una premessa. L’osmolalità di una soluzione è una proprietà colloidale, ovvero significa che il suo valore dipende esclusivamente dal numero di ioni o molecole in essa contenute, non dalla loro dimensione. Immaginiamo di avere tre soluzioni acquose differenti: nella prima abbiamo disciolto 10 piccoli ioni (per esempio di sodio e cloro), nella seconda dieci molecole di glucosio e nella terza 10 molecole di albumina. Le tre soluzioni avranno la stessa osmolalità. Tuttavia siccome i tre diversi soluti hanno pesi completamente diversi (l’albumina è molto più grande e pesa molto di più del glucosio, che a sua volta pesa molto di più dei piccoli ioni), il PS delle tre soluzioni sarà differente.
Ci sono studi dai risultati un po’ contrastanti, che hanno valutato l’effetto che i vari soluti “pesanti” possono avere sul PS urinario. In molti casi il PS rimane una stima sufficientemente accurata per una valutazione clinica, ma se abbiamo a che fare con urine con un elevato contenuto di soluti “patologici” come glucosio, proteine, ketoni, farmaci, mezzi di contrasto radiografici, emoglobina, bilirubina, ecc., la valutazione della loro concentrazione mediante la stima del PS potrebbe essere inficiata, e quindi sarebbe meglio, per valutare la effettiva capacità di concentrare o diluire le urine da parte del rene, fare riferimento alla osmolalità misurata.
Walter Bertazzolo, Direttore Scientifico di MYLAV
Ugo Bonfanti, Direttore Sanitario di MYLAV
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