La poliartrite immuno-mediata: come faccio a trattarla e monitorarla?
Dopo avervi indicato gli step necessari per un corretto inquadramento diagnostico delle poliartriti immuno-mediate, vi diamo oggi alcuni consigli pratici sulla gestione terapeutica e sul monitoraggio clinico di queste patologie complesse.
Il trattamento delle poliartriti immuno-mediate prevede da un lato di ridurre dolore ed infiammazione e dall’altro di trattare le eventuali malattie sottostanti (se presenti e se si è riusciti a identificare un “trigger” scatenante).
A tal proposito, nelle zone in cui sono comuni le malattie trasmesse da zecche, non è scorretto impostare una terapia di tipo empirico con Doxiciclina a 10 mg/Kg PO SID o BID per 28 giorni, eventualmente in associazione ad analgesici quali FANS, tramadolo, oppioidi o altro a seconda del paziente che abbiamo di fronte (es.: nefropatico o meno). Nei cani in cui questa scelta risulti efficace, il miglioramento clinico avviene già nei primi 7 giorni e non necessita di immuno-soppressione.
Per le forme primarie idiopatiche, quelle causate da possibili trattamenti terapeutici/vaccinali e patologie che non si riescono a controllare/eliminare completamente (es. neoplasie) e quelle comunque persistenti indipendentemente dal "trigger" scatenante, sarà invece necessario ricorrere ad una terapia immunosoppressiva, ed è importante intraprenderla solo dopo aver ragionevolmente escluso una poliartrite infettiva, mediante esami microbiologici del liquido sinoviale e/o della membrana sinoviale.
I farmaci di prima linea per il trattamento delle poliartriti immuno-mediate sono i corticosteroidi (short term o long term), utilizzati a dosaggio immunosoppressivo, per indurre la remissione clinica e successivamente con dosaggio a scalare fino al raggiungimento della dose minima necessaria per mantenere la sintomatologia in remissione. Il trattamento deve avere una durata minima di 4 mesi, o ancor meglio, fino alla remissione completa della sintomatologia clinica, secondo lo schema in Figura 1.
Figura 1. Schema di trattamento immuno-soppressivo con cortisonici a scalare.
Si possono utilizzare ad esempio prednisone o prednisolone a 1-2 mg/kg PO BID, rivalutando il paziente dopo i primi 10-14 giorni e poi con cadenza mensile andando a ridurre (del 25 – 50%) il dosaggio di volta in volta, a fronte di un miglioramento clinico.
In caso di mancata risposta o recidiva, sarà invece necessario aumentare la dose di corticosteroidi o associare un immunosoppressore di seconda linea come ad esempio il micofenolato mofetile (MMF) 5-10 mg/kg PO BID, con l’obiettivo di scalare la dose di corticosteroidi del 50% ogni 2 settimane fino a sospenderli, e mantenere invariata quella di MMF per i primi 2 mesi. Dopo questo periodo, se il paziente risulta in remissione clinica, si potrà dimezzare il dosaggio del MMF per ulteriori 2 mesi per poi sospenderlo (Figura 2).
Figura 2. Schema di combinazione di cortisonici e MMF.
Nel gatto è consigliato utilizzare altri corticosteroidi rispetto al prednisone, come prednisolone, metil-prednisolone ecc., eventualmente in associazione al clorambucile 4 mg/gatto da ripetere ogni 3 settimane o metà dose ogni 2/3 giorni.
Anche altri immunosoppressori (vedi Tabella 1) vengono riportati in letteratura come possibili alternative/associazioni ai corticosteroidi nel trattamento di questa patologia, tuttavia gli studi a riguardo ad oggi non sono molti e non è possibile stabilire se alcuni siano meglio di altri; l’efficacia sembra infatti variare molto nei singoli casi. Molti casi rispondono bene al solo utilizzo di corticosteroidi, mentre i casi più complessi o recidivanti richiedono una terapia combinata.
Tabella 1. Opzioni terapeutiche per la terapia immuno-soppressiva delle poliartriti immuno-mediate.
Per quanto riguarda il monitoraggio di questi pazienti, un primo controllo a distanza di circa 7 giorni dall’introduzione della terapia immunosoppressiva è utile per aggiustare la dose o associare un secondo farmaco, valutare la comparsa di possibili effetti collaterali e, a fronte di una mancata risposta, rivalutare la diagnosi iniziale.
Per il resto, i tempi del follow up vengono stabiliti caso per caso in base all’evoluzione dei segni clinici e delle alterazioni clinico-patologiche. A tal proposito, la ripetizione seriale delle artrocentesi non è particolarmente raccomandabile nella pratica clinica, in quanto troppo invasiva come procedura di controllo; è preferibile ripetere gli esami emato-biochimici includendo sempre la proteina C-reattiva, ottimo marker di attività infiammatoria della patologia. Il miglioramento clinico resta ad oggi il nostro obiettivo primario!
La prognosi è generalmente buona; nella maggior parte dei casi (90%) la risposta alla terapia steroidea o combinata è rapida e spesso il trattamento non deve essere continuato a vita. Esiste purtroppo anche una percentuale minore di casi più complessi, che non rispondono alle terapie o recidivano frequentemente, continuando a manifestare dolore cronico e nei quali si ha una progressiva degenerazione articolare. Inoltre, non è insolito che l’uso prolungato di corticosteroidi o altri immunosoppressori di seconda linea, causi effetti collaterali, ed è quindi importante provare a scalarne il dosaggio e conoscere le diverse opzioni terapeutiche. Si ricorda infine che le forme erosive, fortunatamente più rare, sono più difficili da trattare essendo caratterizzate ormai da alterazioni anatomiche e funzionali permanenti e progressive dei tessuti articolari.
Francesco Dondi, Università di Bologna e consulente di Mylav in medicina interna.
Walter Bertazzolo, EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.
Commenti
- Nessun commento trovato
Lascia i tuoi commenti
Login per inviare un commento
Posta commento come visitatore