COLORAZIONI ISTOCHIMICHE ED IMMUNOISTOCHIMICHE
Le colorazioni istochimiche speciali e l’esame immunoistochimico sono delle tecniche diagnostiche ancillari all’esame istopatologico, che possono essere richieste/suggerite per confermare la diagnosi o fornire informazioni aggiuntive rispetto a quanto osservabile con la sola valutazione istopatologica (con colorazione di routine Ematossilina ed Eosina). Nella maggior parte dei casi si tratta di esami eseguibili sul campione già inviato in formalina e solo una piccola percentuale di colorazioni va eseguita su campione di tessuto non fissato in formalina e congelato. Anche se si differenziano significativamente per la metodologia, semplicisticamente si può affermare che entrambe le tecniche hanno l’obiettivo di identificare/evidenziare strutture/componenti intra o extracellulari nelle sezioni di tessuto.
Colorazioni istochimiche
Con tali metodiche, la sezione di tessuto viene sottoposta a reazioni chimiche attraverso le quali le strutture tissutali assumono colorazioni diverse a seconda di cosa si vuole evidenziare.
Possono essere utilizzare per:
- Evidenziare strutture/componenti tissutali (collagene, amiloide, membrane basali …)
- Evidenziare la presenza di materiale intracellulare (mucina, depositi di ferro, materiale di derivazione ematica, melanina, granuli intracitoplasmatici dei mastociti,…)
- Identificare agenti eziologici (ife fungine, batteri, alghe,…)
E’ importante sottolineare che per quanto riguarda la ricerca/evidenziazione di agenti eziologici, la colorazione istochimica NON si sostituisce all’esame colturale o alla biologia molecolare e generalmente non permette di classificare la specie dell’eventuale patogeno.
La colorazione istochimica semplicemente permetterà di “vedere meglio” l’agente eziologico se presente. Talvolta la morfologia dell’agente sarà sufficiente a classificarlo precisamente ma talvolta si potrà solo confermare la presenza di un agente e classificarlo come batterico, fungino, ecc. Infine, alcune di queste colorazioni possono essere applicate con la stessa utilità anche su preparatici citologici (colorazioni citochimiche).
Fig 1. Colorazione istochimica PAS per evidenziare ife fungine (ben visibili in rosa intenso/fucsia), in un caso di aspergillosi nasale del cane.
Immunoistochimica
L’esame immunoistochimico, come indica il nome stesso, prevede l’utilizzo di anticorpi attraverso i quali sarà possibile individuare specifiche molecole nella sezione di tessuto. L’esame immunoistochimico può essere eseguito per via diretta o indiretta, anche se attualmente la maggior parte dei kit e coloratori automatici, utilizzano una metodologia indiretta. La metodica indiretta si avvale di un anticorpo definito “primario” che legherà un determinato antigene che si vuole identificare nella sezione di tessuto. L’avvenuto legame tra antigene e anticorpo primario verrà evidenziato attraverso una reazione enzimatica con deposizione di un colorante (generalmente marrone) nel sito di avvenuta reazione, mediante l’uso di un anticorpo secondario in grado di innescare la reazione che conduce alla formazione di colore.
Quali sono i principali utilizzi dell’esame immunoistochimico?
Nella diagnostica di routine l’esame immunoistochimico viene principalmente utilizzato per una migliore caratterizzazione delle neoplasie la cui istogenesi non può essere totalmente definita con la sola valutazione istopatologica. Per tale scopo vengono utilizzati anticorpi che legano componenti cellulari intracitoplasmatici (es. citocheratine, vimentina), della membrana cellulare (es. CD3, CD20) o nucleari (es. MUM1) che sono specifiche e presenti in una o più popolazioni cellulari. L’utilizzo di uno o, più spesso anticorpi multipli, permette spesso di identificare il fenotipo e l’istogenesi delle cellule neoplastiche.
Fig. 2. Esempio di colorazione immuno-istochimica con CD20 per la conferma e la tipizzazione di un linfoma B-cell.
È essenziale ricordare che tale tecnica non permette differenziare tra processi neoplastico e reattivo in popolazione cellulari ben differenziate.
Al contrario, in neoplasie anaplastiche o scarsamente differenziate, l’esame immunoistochimico può essere non definitivo, in quanto il processo di “sdifferenziazione” può implicare la “perdita” dell’espressione delle molecole fenotipiche specifiche che le caratterizzano, e pertanto risultare non definitivamente classificabili. Si segnala inoltre che il numero di anticorpi disponibili e di cui è presente una sufficiente letteratura di riferimento in medicina veterinaria, è limitato, e talvolta non è possibile proporre l’utilizzo di marcatori specifici per l’una o l’altra istogenesi.
Altre indicazioni per eseguire/suggerire l’esame immunoistochimico sono:
- La valutazione del grado di proliferazione di una popolazione neoplastica (mediante KI67)
- L’identificazione di determinate molecole a scopo clinico-prognostico-terapeutico (es. CD117/CKIT, CSPG4)
- L’identificazione di agenti eziologici.
Per la ricerca di agenti eziologici è necessario sottolineare alcune differenze rispetto alle colorazioni istochimiche speciali discusse precedentemente. Come già detto, nell’esame immunoistochimico si testano anticorpi specifici e se l’esito è positivo si potrà confermare la presenza di un agente specifico che si è ricercato. L’esame immunoistochimica per malattie infettive in medicina veterinaria trova un particolare utilizzo per malattie virali (es. Coronavirus nelle lesioni da FIP del gatto) e per la ricerca di amastigoti di Leishmania.
E’ importante segnalare come alcuni fattori possano incidere sull’ottimale riuscita dell’esame immunoistochimico e quindi rendere l’esame non praticabile o definitivo: alcuni trattamenti (es. corticosteroidi nel linfoma), possono alterare le caratteristiche fenotipiche delle cellule che possono risultare negative. Un’inadeguata (scarsa o eccessiva) fissazione del campione, con presenza di autolisi e necrosi, possono inficiare l’ottimale riuscita dell’esame. Se il campione è molto esiguo potrebbe essere sconsigliabile eseguire l’esame immunoistochimico (così come altri approfondimenti).
Va infine sottolineato che alcune solo alcune colorazioni immuno-istochimiche possono essere anche applicate ai campioni citologici (es. Immuno-citochimica per CD3 e CD20, per la tipizzazione di un linfoma), ma è importante rivolgersi al laboratorio per avere informazioni sulla fattibilità dell’esame. Inoltre, la qualità e la fattibilità della procedura sui campioni citologici, è fortemente influenzata dalla qualità e dalla cellularità degli stessi.
Fig. 3. Esempio di colorazione immuno-citochimica su un preparato citologico di linfoma.
Esempi
Linfoma: in caso di sospetto linfoma, o per perfezionarne la classificazione, si ricorre ai marcatori CD3 e CD20 per identificare cellule ad immunofenotipo T o B rispettivamente.
Nota bene: esistono casi di linfoma negativi per entrambi gli anticorpi. Talvolta l’esame immunoistochimico non è sufficiente a definire la diagnosi di linfoma e potrebbe essere suggerito l’esame di clonalità linfoide. Va sottolineato che quest’ultimo non va usato come definizione del fenotipo, ma per discriminare tra una neoplasia linfoide o processo reattivo/infiammatorio non neoplastico.
Mastocitoma: le colorazioni istochimiche Blu di Toluidina e GIEMSA spesso evidenziano i granuli dei mastociti (normali e neoplastici), che vengono definiti metacromatici. Queste colorazioni possono essere suggerite per confermare il sospetto di mastocitoma e migliorare la sensibilità nel ricercare e quantificare mastociti in un linfonodo. Quest’ultima evenienza permette di classificare l’eventuale coinvolgimento linfonodale secondo la classificazione di Weishaar (J. Comp.Path. 2014, Vol. 151, 329-338).
Nota bene: le negatività per Blu di Toluidina e GIEMSA non esclude la diagnosi di mastocitoma, per esempio in quelli poco differenziati.
L’anticorpo CD117/cKIT viene utilizzato in immunoistochimica come marker per l’origine mastocitica e l’eventuale pattern di positività individuato, in caso di mastocitoma cutaneo o sottocutaneo, fornisce informazioni prognostiche.
Similmente, KI67 è un indice di proliferazione e viene suggerito a fini prognostici.
Melanoma: la colorazione istochimica Fontana-Masson evidenzia la melanina e viene suggerita in neoplasie di sospetta origine melanocitaria poco/non pigmentate per ottenere conferma della diagnosi.
Sono molteplici invece i marker immunoistochimici che nel tempo si sono utilizzati per indicare l’origine melanocitica di neoplasie non pigmentate. Attualmente i più utilizzati sono PNL2 e Melan A. Nel nostro laboratorio, il Melan A è incluso nell’anticorpo “Melanoma Triple Cocktail” che include anche altri due anticorpi meno noti. Secondo la letteratura, l’utilizzo combinato di PNL2 e Melan A, permette di avere una sensibilità superiore al 95% nell’identificazione dei melanomi.
Nota bene: una piccola percentuale di melanomi non pigmentati (in genere a cellule fusate) è negativo per entrambe le colorazioni e pertanto non è diagnosticabile a seguito dell’esame immunoistochimico.
KI67 è un indice di proliferazione e viene suggerito a fini prognostici.
CSPG4 viene proposto perché la sua valutazione è utile in caso di terapia elettrovaccinale sperimentale (Piras et al. Vet Comp Oncol. 2017 Sep;15(3):996-1013).
Neoplasie epiteliali: le molecole che si utilizzano per l’identificazione immunoistochimica dell’istogenesi epiteliale sono le citocheratine. Esistono numerose citocheratine (filamenti intracellulari), alcune presenti in molte cellule di origine epiteliale (citocheratine AE1/AE3 o pancitocheratina), mentre altre sono specifiche per una o poche linee epiteliali (es. Citocheratina 7: alcuni epiteli ghiandolari ed epitelio uroteliale; Citocheratina 14: epitelio basale).
Fig. 4. Esempio di applicazione di una colorazione per citocheratine per identificare definitivamente cellule metastatiche poco differenziate, in una lesione cutanea di cane.
Altri
Neoplasie endocrine/neuroendocrine: Sinaptofisina e Chromogranina A
Neoplasie tiroidee: a seconda dell’origine cellulare sono variabilmente positive per Calcitonina, TTF-1 (thyroid transcription factor-1); Tireoglobulina.
Plasmocitoma: MUM1
Origine istiocitica: CD18 (è un marker “panleucocitario” quindi saranno positivi anche altri leucociti quali i linfociti), IBA1 (specifico per istiociti/macrofagi).
Origine muscolare: actina muscolo liscio (SMA), desmina (muscolo striato), e molti altri che identificano varie molecole delle cellule muscolari.
Origine endoteliale: fattore VIII, CD31
Origine miofibroblastica: calponina
IMPORTANTE
Le tecniche immunoistochimica ed istochimica sono esami in cui il patologo INTERPRETA il risultato e formula delle conclusioni a seguito di un quadro complessivo, istopatologico e, possibilmente, clinico-anamnestico riferito dal veterinario curante.
L’esame immunoistochimico/istochimico di per sé non distingue tra cellula infiammatoria/reattiva/iperplastica e neoplastica, ma è il patologo che interpreta il risultato e talvolta l’esame può non essere definitivo.
Gli esempi forniti servono per illustrare situazioni “comuni” e frequenti che indicano perchè alcune istochimiche ed immunoistochimiche siano suggerite dal patologo nel contesto di un referto istopatologico.
Gli esempi forniti NON rappresentano un algoritmo diagnostico a cui affidarsi richiedendo esami senza consultarsi con il patologo referente che avrà valutato il caso nel suo complesso e alla luce delle possibili diagnosi differenziali.
Gli esempi indicati NON rappresentano un elenco esaustivo degli anticorpi disponibili in medicina veterinaria e nello specifico dal nostro laboratorio.
Silvia Benali, Patologo del team MYLAV
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