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Citologia

TECNICHE DI PRELIEVO PER CAMPIONI CITOPATOLOGICI E PREPARAZIONE DEL VETRINO DA LESIONI CUTANEE

La lettura di un campione citopatologico rappresenta l'ultimo di una serie di steps che includono: la scelta della lesione, il metodo di campionamento e il corretto allestimento del vetrino. Ogni errore commesso in uno qualsiasi di questi passaggi può inficiarne  l’interpretazione.

In questo blog, il Dr. Francesco Albanese, Esperto MYLAV e responsabile del servizio di Dermatologia, con l'ausilio di filmati esplicativi, descriverà le metodiche di prelievo da eseguire per la raccolta di cellule da lesioni cutanee.

 

Tecniche di campionamento e preparazione del vetrino

Le tecniche di prelievo per i campioni provenienti da lesioni cutanee si differiscono in base al tipo di lesione. Le principali metodiche di cui ci si avvale comprendono: a) l’apposizione, b) il raschiato e c) la biopsia con ago sottile, con o senza aspirazione

 

1) Apposizione

La tecnica di apposizione è impiegata per campionare cellule da lesioni superficiali quali erosioni, papule e pustole. In caso di lesioni essudative o ricoperte da materiale grasso è sufficiente apporre delicatamente il vetrino sulla lesione affinché le cellule aderiscano alla sua superficie. La stessa metodica si utilizza per campionare cellule dalla sommità di una papula ma solo dopo aver delicatamente spremuto la stessa tra le dita. 

Per campionare cellule da pustole integre, si esegue il “calco di Tzanck: con un ago sottile si rompe la pustola alla base, si sollevano i corneociti che ne compongono il "tetto" e si raccoglie il pus apponendo un vetrino sull’essudato esposto (Video1).

In presenza di pustole di piccole dimensioni, risulta difficile eseguire il prelievo mediante calco di Tzanck, pertanto è consigliabile rompere la pustola esercitando con il margine di un vetrino una leggera pressione laterale che consenirà al pus di depositarsi su di esso  (Video 2).

Il materiale raccolto viene poi delicatamente strisciato mediante l'utilizzo di un secondo vetrino. I due vetrini verranno fatti scivolare l'uno sull'altro con un movimento costante ma in direzione opposta (Video 3).

Le pustole si disidratano rapidamente, si rompono e formano i cosiddetti “collaretti epidermici”, caratteristiche lesioni circolari con un’area centrale alopecica e talvolta iperpigmentata, delimitate da un bordo eritematoso coperto da detrito crostoso. Per campionare cellule dal collaretto epidermico è necessario sollevare le croste presenti ai bordi (Video 4).

La tecnica per impronta è inoltre utilizzata per prelevare cellule dalla superficie inferiore delle croste. La procedura è molto semplice: una volta che la crosta viene rimossa, è sufficiente appoggiare la sua superficie inferiore su un vetrino oppure è possibile apporre quest’ultimo direttamente sulla cute esposta dopo la rimozione della crosta (Video 5).

 

 

Nel caso di lesioni essudative rilevate (es. placche), l’apposizione potrebbe condurre a un’errata interpretazione se prelevassimo cellule solo con questa metodica, poiché tutte le lesioni cutanee sono esposte alla contaminazione batterica orale e ambientale; pertanto quando dobbiamo prelevare cellule da placche noduli erosi o ulcerati, la biopsia con ago sottile resta comunque la tecnica d’elezione.

Nelle lesioni desquamative “secche”, in cui l’apposizione del vetrino non consentirebbe alle cellule di aderire, è possibile raccogliere del materiale usando del nastro adesivo trasparente. Questa tecnica, comunemente definita “Scotch® test”, è anche il miglior metodo per prelevare cellule da lesioni interdigitali o da pieghe cutanee, sulle quali non è possibile posizionare direttamente il vetrino.

Essa consiste nel far aderire il lato adesivo di un pezzo di nastro trasparente sopra la lesione; le cellule presenti sulla cute rimangono così attaccate al collante (Video 6).

2) Prelievi citologici mediante raschiato 

Il raschiato superficiale è una tecnica traumatica utilizzata per prelevare una grande quantità di cellule da lesioni ulcerate. Il numero di cellule raccolte è solitamente maggiore rispetto a quello ottenuto mediante apposizione, anche se i campioni sono inevitabilmente maggiormente emocontaminati e le cellule possono più facilmente subire danneggiamenti.

Il raschiato può essere eseguito servendosi di una lama da bisturi o di un vetrino portaoggetto. Il materiale presente sulla superficie della lesione è solitamente ricco di detriti necrotici, sangue e, di conseguenza, raramente diagnostico; è pertanto consigliabile rimuovere il materiale più superfciale con un primo raschiato e di campionare quello subito al di sotto mediante una seconda delicatissima scarificazione. Il materiale ottenuto viene poi delicatamente strisciato su un secondo vetrino avendo cura di non applicare un’eccessiva pressione che potrebbe danneggiare la morfologia delle cellule (Video 7).

 

La tecnica di scarificazione può essere impiegata anche per campionare cellule direttamente da una cute con scaglie grasse o dalle pieghe ungueali (Video 8).

3) Prelievi citologici mediante Agoinfissione  o Agoaspirazione

 

L’agoinfissione, con o senza aspirazione, è la tecnica più utilizzata in citologia veterinaria ed è l'unica eseguibile quando vogliono essere campionate cellule da noduli, placche o comunque lesioni rilevate.  

L’agoinfissione non richiede manovre di aspirazione forzata come l'agoaspirazione; è la tecnica che l'autore preferisce usare per campionare qualsiasi tipo di neoformazione cutanea ed è molto utile quando i noduli sono localizzati in aree particolarmente delicate, dolorose o a rischio, come le palpebre e le giunzioni muco-cutanee. Nei campioni che cedono uno scarso numero di cellule con la sola infissione, è possibile eseguire un prelievo mediante aspirazione.

Per eseguire un'agoinfissione, è necessario inserire l’ago nel nodulo ed eseguire ripetuti movimenti avanti e indietro e di rotazione, in più punti della lesione. Questi movimenti permettono alle cellule di penetrare all’interno dell’ago. Tale metodica riduce il “trauma” cellulare rispetto all'aspirazione forzata e, nella maggior parte dei casi, ci permette di prelevare campioni di ottima cellularità. Il materiale raccolto non deve essere “spruzzato” energicamente sul vetrino, ma delicatamente depositato su di esso per essere poi strisciato, con un secondo vetrino, che si fa scorrere sul primo ma in direzione opposta (Video 9). 

La pressione da esercitare sui vetrini dipende dalla consistenza del materiale raccolto e solo con l’esperienza l'operatore acquisirà le manualità appropriate al fine di ottenere campioni di ottima qualità. I due parametri che consentono di valutare uno striscio di buona qualità sono l'integrità delle cellule e la loro disposizione in un singolo strato, fondamentale ai fini di un’ottimale colorazione. Nel caso in cui venga prelevato molto materiale, si raccomanda di utilizzarlo per allestire più vetrini, alcuni dei quali possono essere conservati "in bianco" per eventuali colorazioni speciali.

 

4) Colorazione del vetrino 

La colorazione più comunemente utilizzata nella pratica ambulatoriale è quella tipo Romanowsky, di norma impiegata per colorare gli strisci di sangue (Hemacolor®, Diff Quick®). E’ una colorazione rapida, pancromatica che permette di ottenere degli ottimi dettagli citoplasmatici e di visualizzare la maggior parte dei microrganismi, anche se alcuni dettagli nucleari potrebbero andare persi. Come già accennato in precedenza, per avvalersi di queste colorazioni, dobbiamo allestire vetrini con cellule disposte in monostrato affinché il colorante le possa completamente colorare. Questa colorazione ha il grande vantaggio di essere velocemente eseguita: sono necessari solo pochi secondi.

I kit di colorazioni rapide in commercio sono costituiti da tre soluzioni: un fissativo su base alcolica, un primo colorante con affinità per substrati acidofili (rosso) e un secondo per quelli basofili (blu). La colorazione si esegue mediante immersione ed estrazione in rapida sequenza e per pochi secondi, del vetrino nelle tre soluzioni. Non vi è un numero stabilito di immersioni da effettuare, ma se ne raccomandano almeno tre o quattro per ogni colorante.

Il materiale raccolto con nastro adesivo trasparente può essere invece colorato in diversi modi. Se il nastro adesivo è di buona qualità, può essere colorato come un vetrino, ma la maggior parte dei nastri adesivi hanno la tendenza, una volta immersi nel fissativo, ad arricciarsi od opacizzarsi. Per ovviare a questo inconveniente si può immergere il nastro direttamente nei coloranti, evitando il passaggio nella soluzione alcolica. Un'ulteriore variante, che risulta più rapida e altrettanto valida, ed è quella comunemente utilizzata dall’autore, prevede che lo scotch, con la parte adesiva su cui sono adese le cellule, sia direttamente collocato su un vetrino portaoggetto su cui sono state precedentemente poste alcune gocce del colorante blu del kit o del blu di lattofenolo o cristalvioletto.  Prima di osservare il vetrino al microscopio, è però fondamentale rimuovere l'eccesso di colorante comprimendo delicatamente sulla superficie dello scotch, un pezzo di carta assorbente  (Video 10-11).

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