COME OTTIMIZZARE LA PREPARAZIONE DEI CAMPIONI CITOLOGICI: INTERVISTA A WALTER BERTAZZOLO
L’esame citologico è una metodica diagnostica molto comune in medicina veterinaria: rapida, facile da eseguire e a basso costo. Essa può fornire informazioni diagnostiche in numerose discipline cliniche (dermatologia, oncologia, medicina interna, ecc.).
Il citologo, chiamato ad affiancare il clinico nella soluzione del caso diagnostico, si trova ad operare dovendo interpretare i preparati in un mondo di luci e di colori che magicamente prendono forma agli occhi esperti di che legge.
Uno degli aspetti più frustranti sia per il citologo che per il veterinario che ha riferito il caso è l'ottenere risultati non diagnostici, in particolar modo quando il materiale inviato sia di cattiva qualità o non rappresentativo della lesione campionata, a causa di un’errata scelta ed esecuzione della metodica di campionamento. Tutto ciò si traduce in frustrazione anche da parte del cliente che ha pagato il test senza avere ottenuto indicazioni utili per la gestione del problema che affligge il proprio animale.
Allo scopo di ottimizzare il prelievo citologico ci sono alcune regole da segire e consigli che, quando osservati, possono ridurre drasticamente la percentuale di campioni “acellulari o non conclusivi”.
In questa intervista, il Dr. Walter Bertazzolo, direttore scientifico del Laboratorio LaVallonea, ci suggerisce 10 regole per un buon campionamento citologico.
Ciao Walter, per cominciare qual è la regola più importante in citologia diagnostica?
Regola N° 1: il clinico è più importante del citologo.
Ai fini di un buon risultato, chi esegue il campionamento è molto più importante di chi lo esamina al microscopio! Un prelievo di cattiva qualità sarà, infatti, sempre non conclusivo, anche se inviato al citopatologo più in bravo del mondo.
Ok ma mettiamo il caso che io sia un clinico e debba decidere se fare o meno un prelievo citologico da una neoformazione o da un organo, come faccio a capire se ne valga la pena o se sia più indicato fare un esame istologico?
Regola N° 2: cerchiamo di usare la logica e la testa prima di procedere con le mani.
In presenza di neoformazioni è sempre consigliabile eseguire inizialmente un prelievo citologico perché meno invasivo, poco costoso e con tempi di risposta più rapidi. In molte patologie d’organo, tuttavia, la citologia può essere poco indicativa e, per ottenere la diagnosi, si rende necessaria una biopsia istologica. Ne sono un esempio, i prelievi citologici effettuati da fegato e reni in soggetti con sospetta epatopatia e/o nefropatia, che molto spesso non forniscono informazioni utili al clinico. In caso di dubbio è consigliabile chiedere una consulenza al laboratorio prima di avventurarsi in procedure che possono risultare poco utili, invasive e dai risultati incerti.
I campionamenti citologici possono venire effettuati mediante diverse tecniche (FNA/Ago-infissione, apposizione, brushing ecc.). Quale di queste è da preferirsi?
Regola N° 3: non esiste il metodo di prelievo infallibile e perfetto.
Anche in questo caso non può esserci una risposta univoca perché dipende da cosa dobbiamo campionare. Ogni volta che si deve analizzare una neoformazione nodulare o un organo che “cede” facilmente cellule (es. linfonodo, fegato, tessuto ghiandolare, ecc.), sicuramente i campionamenti con ago fine sono da preferirsi. L’apposizione è da riservarsi a lesioni ulcerate o su superfici di taglio di un tessuto da analizzare, avendo cura di eliminare l’eccesso di sangue e di detriti superficiali, inutili ai fini diagnostici. Il brushing e il raschiato sono da evitare quasi sempre, in quanto raccolgono solo materiale superficiale per cui possono essere utili quando si deve analizzare la parte superficiale di una mucosa (per esempio nasale). Sui preparati bioptici endoscopici, infine, è consigliabile eseguire lo squash-prep, ovvero lo schiacciamento vigoroso di un frammento tissutale tra due vetrini portaoggetto.
Bene, facciamo finta che io abbia deciso di effettuare un campionamento citologico e stia raccogliendo il materiale da un tessuto. Cosa dovrei fare per allestire uno striscio qualitativamente valido?
Regola 4: ottieni sempre un “monostrato” di cellule.
Per poter analizzare le cellule, queste devono essere disposte sul vetrino in uno strato sottile (monostrato), dal momento che le colorazioni rapide tipo Romanowsky utilizzate in ambulatorio necessitano di un sottile strato di cellule per consentire ai coloranti di penetrarle. Ciò si ottiene strisciando delicatamente il materiale prelevato tra due vetrini portaoggetto, sfruttando la pressione esercitata dai due vetrini e avendo cura di non esercitare una forza eccessiva che causerebbe il danneggiamento delle cellule e, di conseguenza, inficerebbe la lettura del preparato.
E dopo lo striscio, cosa faccio con il vetrino?
Regola 5: fissa immediatamente il campione.
Questo passaggio è il più trascurato in genere dai clinici, ma è forse il più importante. Per poter consentire una corretta colorazione del vetrino le cellule, una volta strisciate, devono essere asciugate all’aria, per esempio scuotendo il vetrino rapidamente. Non vanno mai utilizzati, invece (tranne rari casi eccezionali e per colorazioni particolari come la Papanicolau o l’ematossilina-eosina), i fissativi chimici spray.
Il processo di rapida fissazione all’aria è particolarmente importante per i campioni citologici composti da liquidi o con molto sangue (es. liquido sinoviale, versamenti, midollo osseo, ecc.), per i quali una asciugatura troppo lenta è causa quasi certa di insuccesso. In questi casi è utile utilizzare una fonte di calore (es. Asciugacapelli) per fissare rapidamente il campione. Asciugate sempre bene i campioni prima di porli nei contenitori portavetrini da inviare al laboratorio.
Perfetto, a questo punto il campione deve essere analizzato subito o può essere conservato? Inoltre, che accorgimenti devo avere per la spedizione dei vetrini in laboratorio?
Regola 6: i preparati ciotologici sono resistenti, ma non a tutto!
Se conservati in luogo asciutto e lontano dalla polvere, gli strisci possono venire conservati per parecchi giorni, se non per diverse settimane. Sono però da evitare alcuni errori comuni: prima della colorazione definitiva bisogna evitare di bagnare i vetrini, dal momento che le cellule verrebbero asportate dal vetrino; un aspetto molto trascurato, e causa di frequenti campioni “non interpretabili”, è quello di utilizzare vetrini conservati in ambulatorio in prossimita della formalina o, evenienza più comune, di inviare al laboratorio, nello stesso pacco, i campioni citologici e quelli istologici. La formalina è una sostanza molto volatile e, anche se i barattoli sono chiusi ermeticamente, i suoi vapori fuoriescono e, una volta venuti a contatto con le cellule o con i vetrini nuovi, non consentono ai coloranti di penetrare in maniera ottimale, rendendo pertanto i campioni non interpretabili.
Ma quanti campionamenti devo eseguire per avere più possibilità di ottenere un preparato diagnostico?.
Regola 7: più campioni fai, più è probabile ottenere una diagnosi.
E’ ovvio che in questo caso bisogna mettere in conto molte altre variabili: la compliance del paziente, la dolorosità della sede di prelievo, il rischio di complicanze in caso di punzioni multiple, ecc. E’ comunque consigliabile inviare tutti i vetrini allestiti, anche quelli che macroscopicamente sembrano poco cellulari.
Devo sempre inviare tutto il materiale non colorato o posso iniziare a controllare già in ambulatorio i risultati del mio campionamento?
Regola 8. Impara dai tuoi errori (o da quegli degli altri).
Per evitare di inviare campioni non diagnostici, potrebbe essere conveniente colorare uno o più vetrini e valutare se è presente o meno del materiale significativo e, in caso ci fossero cellule, procedere a sottoporre i campioni al laboratorio. Qualora i campioni fossero acellulari, si può provare a ricampionare la lesione o a valutare la possibilità di eseguire un esame istopatologico.
Con un minimo di esperienza al microscopio, e senza necessariamente essere dei citologi esperti, questo procedimento aiuta a migliorarci e a capire sia quando un campione non è cellulare o rappresentativo della lesione sia qual è il motivo dell’insuccesso. E’ opportuno inviare anche i vetrini che sono stati colorati come “controllo di adeguatezza” onde evitare di rischiare che l’unico vetrino diagnostico sia quello da te controllato.
E nel caso in cui la mia percentuale di insuccessi fosse comunque troppo alta, cosa potrei fare per migliorare la mia tecnica di prelievo?
Regola 9: confrontati sempre con colleghi più esperti di te.
Non avere timore di chiamare i colleghi consulenti del laboratorio LaVallonea, che sapranno darti consigli utili, caso per caso.
E se anche con tutti questi accorgimenti non riuscissi ad ottenere materiale adeguato?
Regola 10. Ti resta sempre la biopsia istologica.
Nel caso in cui la citologia non fosse diagnostica, non fosse effettuabile o inutile in quel caso specifico, ci resta sempre la possibilità di ricorrere al campionamento istologico, che rappresenta, sempre, il “gold standard”.
Grazie Walter per i tuoi preziosi consigli!
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