Il Fenobarbitale: come funziona, come si usa e come si monitora?
Il Fenobarbitale (acido 5-etil-5fenilbarbiturico) è un farmaco che appartiene alla classe dei barbiturici. Ancor oggi, a più di cento anni dalla sua scoperta, avvenuta nel 1912, il fenobarbitale è considerato da molti neurologi veterinari il farmaco di prima scelta nella terapia dell’epilessia idiopatica del cane e del gatto.
Il fenobarbitale nei decenni passati è stato ampiamente usato nel trattamento dell’epilessia dell’uomo e, se attualmente è stato sostituito da altri farmaci, ciò è avvenuto non in virtù di una scarsa efficacia ma di effetti collaterali più pesanti e, nel lungo periodo, meno accettabili rispetto a molecole più moderne. Ancor oggi, nei paesi a più basso reddito, il fenobarbitale è il farmaco più usato nel trattamento dell’epilessia dell’uomo grazie al suo basso costo.
In medicina veterinaria, il fenobarbitale è uno dei farmaci antiepilettici di prima linea raccomandati dallo “Small animal consensus statement on seizures management in dogs” dell’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM) e dalla “International Veterinay Epilepsy Task Force” (IVETF).
Meccanismo di azione - Il meccanismo di azione del PB è relativamente ben conosciuto e si traduce in un effetto iperpolarizzante per la membrana del neurone, ottenuto attraverso diversi meccanismi.
Il fenobarbitale facilita l’effetto inibitorio diretto dell’acido gammaaminobutirrico (GABA), il più importante neurotrasmettitore inibitorio, attivando il recettore GABAA presente sui canali del Cloro, facilitandone l’apertura e permettendo una maggiore entrata dello ione Cloro che, essendo carico negativamente, favorisce l’iperpolarizzazione della membrana cellulare e la stabilità della cellula. Il fenobarbitale aumenta inoltre l’afinità del GABA per il suo recettore, permettendo l’apertura dei canali del Cloro per più lungo tempo, e facilitando così l’iperpolarizzazione della membrana.
Si Ipotizza inoltre che il fenobarbitale possa interagire con i recettori per il Glutamato (il più importante neurotrasmettitore eccitatorio), contrastando gli effetti eccitatori.
Farmacocinetica - Il fenobarbitale è un farmaco liposolubile che è ben assorbito dopo somministrazione orale, raggiungendo un picco ematico 4-6 ore dopo l’assunzione, circola parzialmente legato alle proteine plasmatiche (circa 45%) ed è sostanzialmente metabolizzato nel fegato. Circa un quarto della quota di fenobarbitale è eliminato immodificato attraverso il rene.
Il fenobarbitale ha un tempo di emivita plasmatica abbastanza variabile tra soggetti, compreso comunque nel cane in un intervallo tra 40 e 90 ore. Nel cane, lo “steady state”, ovvero l’equilibrio dinamico tra assunzione ed eliminazione del farmaco, viene raggiunto dopo 14-21 giorni dall’inizio del trattamento.
Il fenobarbitale ha una straordinaria capacità di indurre la produzione degli enzimi microsomiali epatici (ed in particolare quelli legati al citocromo P450) preposti al suo catabolismo, per cui nel tempo, a parità di dose assunta quotidianamente, i livelli plasmatici del farmaco tendono a diminuire e, di conseguenza, la sua efficacia terapeutica a ridursi. Questo aspetto deve essere tenuto in debita considerazione e richiede un monitoraggio delle concentrazioni ematiche del farmaco per evitare che questo diventi sottodosato.
Considerata la rilevanza del metabolismo epatico del farmaco, i soggetti che iniziano la terapia con fenobarbitale devono avere una normale funzione epatica.
Dosaggio - Il dosaggio con cui viene iniziato il trattamento terapeutico nel cane è di norma di 2,5 mg/Kg somministrato per os ogni dodici ore. Questo dosaggio è generalmente sufficiente per un buon controllo delle crisi nella maggior parte dei casi, almeno per il primo anno della terapia. Il proprietario deve essere avvertito della possibile minor efficacia del farmaco nel tempo legata all’induzione degli enzimi epatici, cui si ovvia con un aggiustamento del dosaggio nel tempo (vedi in seguito). Il dosaggio viene successivamente aggiustato in base alla risposta clinica del paziente. L’intervallo terapeutico di concentrazione sierica del fenobarbitale è compreso tra i 15-35μg/ml.
In base alla necessità di gestire forme epilettiche particolarmente aggressive, si possono utilizzare dosaggi più elevati del fenobarbitale (di solito non oltre i 5 mg/kg BID) ben sapendo che ciò comporta la comparsa di più marcati effetti avversi dose-dipendenti
Nel gatto il dosaggio iniziale è compreso tra 1,5 e 2,5 mg/kg BID. È da notare che l’induzione enzimatica epatica nel gatto è significativamente meno importante rispetto al cane.
Effetti avversi e tossicità - La somministrazione cronica di fenobarbitale produce effetti collaterali che generalmente sono ben tollerati dai pazienti se la fenobarbitalemia si mantiene negli intervalli indicati (15-35μg/ml).
I più comuni effetti collaterali associati alla somministrazione cronica del fenobarbitale sono rappresentati da un aumento dell’appetito (polifagia) e dal conseguente aumento di peso del cane, dalla poliuria e dalla polidipsia.
Nelle prime settimane di terapia, se il dosaggio iniziale è elevato, si può notare sedazione, tendenzialmente reversibile, che scompare alcune settimane dopo l’inizio del trattamento. Se l’animale è particolarmente sedato, è possibile che a questa si associ anche atassia. Questi effetti avversi sono categorizzabili tra gli effetti avversi di tipo A, cioè dose-dipendenti, predicibili e relativi alla farmacocinetica del farmaco.
Alcune reazioni avverse di tipo B (cioè di tipo idiosincratico, non predicibili e non relazionate alla dose) sono state riportate per il fenobarbitale. Tra queste, quelle più frequentemente riportate sono le alterazioni ematologiche (trombocitopenia, anemia e neutropenia; da sole o possibilmente combinate tra loro). Meno frequenti sono le alterazioni cutanee: le più gravi sono rappresentate da erosioni o necrosi cutanea, mentre le meno gravi da lesioni papulose, pustolose e crostose.
Il fenobarbitale può diventare tossico in animali che siano portatori di epatopatie e siano sottoposti ai normali dosaggi terapeutici o in animali che assumono fenobarbitale in quantità eccessiva. I segni clinici di tossicità epatica includono l’anoressia, l’atassia, la sedazione, l’ittero e l’ascite.
Di norma, per livelli plasmatici al di sotto dei 35μg/ml, non si osservano segni di epatopatia significativi in animali sani.
Quanto appena riportato giustifica un controllo della funzionalità epatica che prevede l’esecuzione di esami ematobiochimici con frequenza semestrale. Dal momento che il fenobarbitale attiva gli enzimi epatici, il controllo non deve prevedere solo la valutazione di ALP e ALT, che saranno ovviamente più elevate senza che questo significhi un segnale di epatopatia, quanto quella di acidi biliari pre e post prandiali, glicemia, BUN, colesterolemia e albuminemia. In caso di alterazioni dei valori, può essere opportuno considerare una ecografia addominale.
È importante sottolineare che l’aumento degli enzimi epatici di per sé non significa necessariamente epatopatia, ma può essere il risultato dell’attivazione enzimatica fenobarbitale-indotta. Di qui la necessità di eseguire un monitoraggio costante della funzione epatica nel tempo.
Monitoraggio della terapia antiepilettica - La terapia dell’epilessia idiopatica deve essere costantemente seguita dal medico veterinario ed eventualmente aggiustata alle nuove esigenze del paziente, pena l’insuccesso nella gestione delle crisi. Purtroppo, la mancata comprensione di questo principio fondamentale produce frequenti insuccessi terapeutici che esitano nelle più disparate conseguenze, dalla sostituzione del veterinario curante fino all’eutanasia dell’animale perché “non curabile”.
Non è certamente facile stabilire quando la terapia delle crisi epilettiche può venire definita un successo. Variabili importanti sono rappresentate dalle differenti aspettative dei proprietari, dalla variabilità dell’aggressività dell’epilessia, dalla difficoltà a valutare l’intensità di una crisi.
Il concetto di successo terapeutico che raccoglie ancor oggi il maggior consenso è quello che prevede una diminuzione di almeno il 50% della frequenza delle crisi epilettiche dopo una terapia con uno o due farmaci a dosaggi plasmatici adeguati. Questa definizione, non scevra da limitazioni, ha il pregio di essere di semplice comprensione e utilizzabile nella pratica quotidiana.
Nei soggetti in terapia con fenobarbitale, il proprietario non si accorge che, a parità di dosaggio somministrato oralmente, i livelli plasmatici possono diminuire significativamente nel tempo, con possibile minor controllo delle crisi epilettiche.
Il dosaggio del livello sierico dovrebbe essere determinato in prima istanza quando il fenobarbitale ha raggiunto il suo “steady-state” dopo l’inizio della terapia, ovvero 2-3 settimane dopo.
Il monitoraggio dei livelli sierici permette di avere sempre un importante punto di riferimento, per guidare le scelte terapeutiche in rapporto alla situazione clinica. Nel soggetto che mostra un buon controllo delle crisi, non è necessario cambiare i dosaggi, anche in presenza di valori bassi o addirittura sotto il range.
Più frequente è purtroppo la situazione in cui, a fronte di un buon controllo iniziale, le crisi epilettiche riprendono con maggiore intensità e frequenza. In questo contesto, in base ai risultati ottenuti, è possibile decidere se incrementare i dosaggi o associare un altro farmaco.
Dopo la prima determinazione della fenobarbitalemia si consiglia l’effettuazione del dosaggio sierico su base semestrale oppure secondo necessità in presenza di crisi mal controllate e, infine, dopo tre settimane da ogni cambio di posologia.
In soggetti con un controllo problematico delle crisi, è opportuno effettuare un prelievo immediatamente prima dell’assunzione della dose (pre-pill) e un altro circa quattro ore dopo l’assunzione del farmaco (post-pill).
In situazioni normali, molti autori ritengono sufficiente il dosaggio pre-pill. Il sangue prelevato dovrebbe essere raccolto in provette prive di gel separatore, in grado di trattenere il farmaco, viziando così il risultato finale.
Per animali che presentano un inadeguato controllo delle crisi e notevoli variazioni tra valori pre e post-pill, può essere indicata la ripartizione della dose giornaliera in tre somministrazioni anziché in due.
Appare chiaro che, se a dosaggi che ormai raggiungono il limite superiore dell’intervallo (oltre i 30-35 μg/ml) non si ha un adeguato controllo dell’attività epilettica, non ha senso continuare ad aumentare il dosaggio del fenobarbitale ma è senz’altro tempo di associare altri farmaci.
È possibile smettere la terapia con fenobarbitale? - Smettere la terapia rappresenta sempre una scelta notevolmente rischiosa. Questo perché molti cani possono riprendere l’attività epilettica in modo devastante dopo la sospensione o anche solo la riduzione della terapia.
La terapia non dovrebbe essere discontinuata in pazienti in cui si sospetta un’epilessia su base genetica, in quanto regolarmente le crisi si ripresentano. Ciò che il proprietario (e a volte anche il veterinario) fa fatica a capire è che se le crisi sono scomparse è perché il farmaco “funziona” e, come tale, non andrebbe tolto.
Nel caso del fenobarbitale, si può sviluppare una vera e propria dipendenza fisica dal farmaco e si possono avere delle crisi epilettiche “da astinenza” quando il livello del farmaco viene ridotto eccessivamente. Nell’esperienza di chi scrive, la ripresa dell’attività epilettica può essere drammatica e estremamente difficile da riprendere e mantenere sotto controllo.
Il candidato ideale per la sospensione della terapia deve essere esente da crisi da almeno un anno. Un possibile modo di procedere è il seguente: si effettua una riduzione del 25% del dosaggio giornaliero del farmaco e si osserva l’attività convulsivante nei sei mesi successivi, quindi si riduce la dose di un ulteriore 25% mantenendo dei periodi di osservazione di circa sei mesi tra le successive riduzioni, anche se è consigliato sospendere completamente il farmaco.
Se l’attività epilettica riprende, è opportuno ritornare immediatamente ai livelli terapeutici iniziali.
In caso di compromissione epatica, il fenobarbitale deve essere sospeso con maggiore rapidità. Il veterinario deve in questo caso assicurarsi che il cane abbia una adeguata copertura con altri farmaci epilettici, considerando soprattutto quelli che, come l’imepitoina e il levetiracetam, possiedono una buona rapidità di azione.
Bibliografia:
De Risio L (2014) “Principles of anti-epileptic treatment”. In: Canine and feline epilepsy: diagnosis and management. CABI, London (UK) pp. 347-373
Stabile F, De Risio L (2023) “Phenobarbital”. In: A practical guide to seizures disorders in dogs and cats. Editors Luisa De Risio and Karen Muňana. Edra Publishing Palm beach Gardens Florida pp. 217-235.
Gualtiero Gandini, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Neurology (Dipl. ECVN); Esperto in Neurologia di MYLAV
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