La cataratta diabetica del cane
Nei cani affetti da diabete mellito, è comune il riscontro di opacizzazione del cristallino (cataratta diabetica).
Ecco come l'oftalmologo può trattare questa problematica.
Nella pratica clinica professionale noi veterinari incontriamo spesso cani affetti da malattia diabetica; oltre a migliorare le nostre capacità diagnostiche utilizzando gli esami laboratoristici più appropriati, dovremmo anche essere in grado di instaurare la terapia insulinica più idonea, eventualmente con l’aiuto di qualche consulente internista.
Nei soggetti malati, dopo pochi mesi dalla diagnosi, di sovente insorge un’opacità del cristallino (cataratta diabetica), che nelle sue fasi di sviluppo può causare cecità (Figura 1).
Figura 1. Cane bracco, femmina sterilizzata di 9 anni, affetto da cataratta bilaterale diabetica, prima della chirurgia.
In alcuni soggetti la cataratta compare in pochi giorni, in altri l’evoluzione richiede settimane o mesi.
In seguito all'iperglicemia associata al diabete, l’esochinasi (enzima che permette di metabolizzare il 90% del glucosio) viene saturato velocemente e una quantità molto più elevata di glucosio imbocca la via del sorbitolo, dove viene trasformato ad opera di un enzima diverso, l’aldoso-riduttasi (Figura 2); l’accumulo di zuccheri (sorbitolo, fruttosio e dolcitolo) all'interno della lente, genera un meccanismo di iperosmolarità, che richiama liquido all’interno del cristallino e causa la formazione della cataratta diabetica (dapprima in forma di vacuoli e poi di opacità diffusa).
Figura 2. Principali vie metaboliche del glucosio all'interno del cristallino.
Quando la malattia diabetica risulta ben controllata dalla terapia insulinica, è possibile rallentare la formazione della cataratta, in caso contrario quest’ultima diventa rapidamente matura (completa) e intumescente (aumentata di volume) e l’unica soluzione per il recupero visivo è rappresentata dalla chirurgia (Figure 3 e 4).
Figura3. Cataratta diabetica intumescente.
Figura 4. Stesso paziente in Figura 1 dopo il trattamento chirurgico.
La malattia diabetica non deve quindi rappresentare un impedimento all’esecuzione della procedura chirurgica, come erroneamente si potrebbe pensare: è importante la selezione del paziente, che deve essere “collaborativo e non aggressivo” e in buono stato generale di salute, mentre il proprietario dovrà essere cosciente dell’impegno che tutta la procedura e soprattutto le terapie e i controlli post-operatori richiedono.
Tutti i soggetti verranno sottoposti a visita specialistica preoperatoria, ecografia oculare ed elettroretinografia (esame della funzionalità retinica); negli animali che risultano idonei e con diabete sufficientemente controllato, verrà programmata, in regime di “day-hospital,” la seduta chirurgica in anestesia generale.
Molte cataratte possono essere trattate con successo attraverso una delicata microchirurgia denominata “facoemulsificazione”; la lente opaca viene “frammentata ed aspirata” attraverso una piccola incisione corneale e di solito sostituita con l’introduzione di una lente artificiale intraoculare (IOL pieghevole) (Figura 5).
Figura 5. IOL pieghevole in un cane Lanbrador di 7 anni trattato chirurgicamente.
La procedura chirurgica è la stessa che viene eseguita nell’uomo ormai da molti anni; nel cane risulta comunque più lunga e difficile, a causa delle differenze anatomiche e al maggior stato infiammatorio intraoculare.
Molti dei cani operati recuperano la visione subito dopo l’intervento (90%); purtroppo, alcuni soggetti possono manifestare nel tempo complicanze oculari (es. uveite cronica, glaucoma, distacco della retina, lesioni corneali), che riducono o vanificano l’effetto della chirurgia stessa (10-15% a due anni dalla chirurgia). Tali complicazioni sono correlate a età, razza, tipo di cataratta (immatura, matura o ipermatura), esperienza dello specialista (necessaria per questa più che per altre chirurgie), "compliance" di animale e proprietario e, infine, anche un po’ di buona sorte!
Il veterinario curante dovrà riconoscere l’infiammazione (uveite lente indotta - LIU) che accompagna sempre lo sviluppo e la maturazione della cataratta, in particolare nei soggetti con diabete non ben compensato, in cui la comparsa della opacità lenticolare risulta molto rapida.
Per tale ragione va tempestivamente instaurata una terapia antinfiammatoria idonea con farmaci non steroidei topici (es. piroftal o diclofenac) e sistemici (es. carprofen o metacam), associati ad eventuali colliri midriatici (es. tropicamide 1%) e sostituti lacrimali (es. carbomeri o ac. ialuronico), poiché il diabete causa anche deficit qualitativi e quantitativi del film lacrimale e alterazioni della superficie oculare.
Qualora la LIU non venga adeguatamente controllata o venga “misdiagnosticata” (come può capitare), le conseguenze favoriscono la comparsa di cataratta ipermatura, sinechie posteriori, ipertono oculare (glaucoma), rottura della lente (uveite facoclastica) o distacchi retinici, alterazioni che possono ridurre le percentuali di successo della chirurgia o che la possono rendere meno consigliabile o addirittura non più eseguibile.
La cataratta diabetica nel gatto è molto più rara; la ragione è che nei gatti anziani, colpiti più spesso dalla malattia metabolica rispetto a quelli giovani, l’attività dell'aldoso-riduttasi risulta bassa e questo proteggere il felino dalla formazione della cataratta stessa.
Nell’uomo la complicanza oculare più frequente del diabete è rappresentata dalla retinopatia diabetica; nei nostri animali è sicuramente un evento poco frequente seppur possibile: la ragione più plausibile è legata al fatto che la vita dei "pets" non è così lunga da permetterne la comparsa.
Dott. Domenico Multari, DVM, PhD, SCMPA. Esperto in Oftalmologia per Mylav
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