L'ONCOLOGO (LAURA MARCONATO) ED IL PATOLOGO CLINICO (WALTER BERTAZZOLO) A CONFRONTO: IL MASTOCITOMA CANINO, COSA FARE E COSA NON FARE
In questo nuovo articolo per il nostro blog, chiederemo alcuni utili consigli pratici riguardo al mastocitoma canino a Laura Marconato, Dipl. ECVIM-CA (Oncology), del Centro Oncologico Veterinario di Sasso Marconi e consulente del Laboratorio LaVallonea, e a Walter Bertazzolo, dipl. ECVCP e direttore scientifico del laboratorio LaVallonea.
Innanzitutto parliamo di una neoplasia estremamente frequente nella pratica oncologica, ma iniziamo col fare alcune puntualizzazioni: I mastocitomi del cane non sono tutti uguali: in cosa differiscono principalmente?
Laura: è verissimo! Lo spettro del comportamento biologico è estremamente variabile. Alcuni mastocitomi possono essere curati con la sola chirurgia, altri sono terribilmente aggressivi e, di fatto, non esistono valide opzioni terapeutiche. Tra un’estremità e l’altra ci sono tutte le sfumature…. A stabilire il comportamento biologico (e quindi prognosi e terapia) sono essenzialmente due fattori: stadio clinico e grado istologico.
Walter: sono d'accordissimo con Laura. Il solo aspetto citologico del mastocitoma non è indicativo necessariamente della prognosi, o meglio mi correggo: se siamo di fronte a forme poco differenziate (immagine a dx), c'è sicuramente da aspettarsi un comportamento biologico aggressivo.
Viceversa, la presenza di un mastocitoma ben differenziato (immagine a sx) non indica necessariamente che siamo di fronte ad una neoplasia “poco maligna”. In questo caso dipende molto dallo stadio clinico e, quindi, dall'aspetto clinico della lesione, dalle sue dimensioni, estensione, ecc.
Quale dovrebbe essere l’approccio clinico corretto nella gestione di un cane con mastocitoma? É diverso in base al tipo/grado, alla sede, dimensione, ecc.?
Laura: già da un’accurata visita clinica riusciamo ad ottenere tante informazioni, che indirizzano il sospetto verso una forma più o meno aggressiva. Ad esempio, un nodulo singolo, non ulcerato, non eritematoso, di dimensioni < 3 cm (immagine a dx), in aree corporee definite “biologicamente non aggressive”, quali torace, fianco, arti, senza linfoadenomegalia regionale, depone a favore di un mastocitoma a comportamento biologico più benigno, e quindi (probabilmente) curabile con la sola chirurgia.
Al contrario, un nodulo in sede anatomica considerata maligna (muso, dita, inguine, perineo, scroto), ulcerato, eritematoso (immagine a sx), eventualmente con noduli satelliti, con linfoadenomegalia regionale, e/o con sintomi sistemici, depone a favore di un mastocitoma decisamente più aggressivo!
Qualunque sia il sospetto clinico, è necessario stadiare accuratamente il cane, eseguendo: esami del sangue, citologia del linfonodo regionale, radiografie del torace, ecografia dell’addome, citologia eco guidata di fegato e milza indipendentemente dall’aspetto ecografico, citologia del midollo osseo in caso di metastasi evidenziate altrove!
Laura: l’istologia fornisce al clinico moltissime informazioni davvero utili per stabilire la prognosi e scegliere la terapia più indicata. I mastocitomi di grado 3 secondo Patnaik o di alto grado secondo Kiupel non possono essere guariti con la sola chirurgia, e richiedono sempre una terapia medica, poiché il loro tasso metastatico è elevato.
Inoltre, laddove il mastocitoma venisse asportato in toto, il patologo ci darà informazioni sui margini di escissione chirurgica, (a dx un'immagine di un mastocitoma infiltrante i margini di escissione), importantissimi per stabilire se è richiesto un ulteriore intervento locale (seconda chirurgia o radioterapia). Infine, talvolta l’immunoistochimica (in particolare Ki67 e KIT) fornisce informazioni prognostiche aggiuntive.
Ovviamente, non sempre è possibile ricorrere all’istologia: si tratta di casi inoperabili, oppure di casi con metastasi a distanza, dove la chirurgia non modificherebbe in modo sostanziale la prognosi, e, probabilmente, neanche la terapia. In questi casi è sufficiente la citologia.
Walter: la sola citologia ci può dare un'idea del grado istologico che avrà il mastocitoma, in particolare con la più recente classificazione Kiupel. Però altre informazioni devono necessariamente passare attraverso l'istologia (es. i margini di escissione, oppure la già citata imuno-istochimica per Ki67, indicatore di proliferazione cellulare, e KIT). Durante lo staging d'altronde non è possibile fare biopsie istologiche agli organi da indagare, per cui ci si deve per forza “accontentare” della citologia (per milza, midollo osseo, ecc.).
Quale approccio dovrebbe avere un bravo medico veterinario, anche non specializzato, nel proprio ambulatorio, di fronte ad una diagnosi di mastocitoma?
Laura: staging, staging, staging! Mentre la terapia, spesso, richiede l’intervento di uno specialista, la stadiazione è alla portata di tutti! I casi ben stadiati fanno la felicità dell’oncologo medico, ma anche del paziente, che non deve subire ritardi nell’inizio della terapia.
Quali sono le cose assolutamente da non fare?
Laura: l’errore più frequente che ho riscontrato è l’utilizzo, molto spesso scriteriato, di inibitori tirosin-chinasici. Questi farmaci NON sono farmaci di prima linea. Al contrario, l’indicazione al loro utilizzo è limitata a mastocitomi di grado 2/3 secondo Patnaik, non operabili e/o recidivanti, non metastatici (Masivet) o eventualmente con metastasi al linfonodo regionale (Palladia). Inoltre, tali farmaci funzionano meglio se c-kit è mutato. Ricordo che la presenza di mutazione non significa l’espressione immunoistochimica di KIT, e richiede una valutazione a parte!
Walter: quindi Laura, giusto per spiegare anche ai non addetti ai lavori ed esperti di immuno-istochimica: il Ki67 ti serve per sapere qual è l'indice di proliferazione cellulare dei mastociti neoplastici e quindi in linea teorica il grado di malignità della neoplasia; mentre il KIT come lo utilizzi?
Laura: Ki67 e pattern di espressione immuno-istochimica di KIT hanno un significato prognostico. Generalmente si usano in tandem e danno un'indicazione prognostica. L'analisi della mutazione del gene c-kit, invece, mi dice se alla base della neoplasia c'è una mutazione di questo gene e quindi avrebbe senso o meno l'utilizzo di farmaci tirosin-chinasici.
In ultima analisi, quando siamo di fronte ad una patologia neoplastica come quella trattata in questo articolo e che può compromettere la sopravvivenza del nostro paziente, è sempre bene rivolgersi ad uno specialista e, possibilmente, fornire al collega tutti gli elementi necessari ad un corretto e completo approccio clinico.
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