QUANDO LA TERAPIA VI IMPEDISCE LA DIAGNOSI
Nelle nostre consulenze, ci capita spesso di commentare casi clinici nei quali alcuni esami diagnostici sono stati eseguiti dopo una terapia. Purtroppo, in molti casi, quest’ultima può rendere gli esiti delle indagini del tutto incomprensibili ed inutili. Vi faccio solo alcuni rapidi esempi:
1) Avete un sospetto di linfoma ma nel frattempo avete somministrato cortisonici al paziente: se cercherete di fare delle citologie dagli organi colpiti, è molto probabile ottenere dei campioni non diagnostici, in quanto le cellule linfomatose sono molto sensibili a questi farmaci, che sono a tutti gli effetti dei deboli chemioterapici. Il risultato sarà probabilmente un campione contenente cellule litiche non riconoscibili (vedi immagine a fianco). Sarete costretti a sospendere la terapia, aspettare giorni preziosi e dover poi ripetere il campionamento.
2) Avete un sospetto di Addison, ma anche in questo caso, durante le terapie di emergenza, avete somministrato cortisonici. Anche in questo caso, se non avete avuto l’accortezza di usare il desametazione come farmaco di emergenza, fare un test di stimolazione con ACTH può diventare un problema. Infatti qualsiasi cortisonico (ad eccezione del desametasone) viene misurato come se fosse cortisolo all’esame ormonale, e vi darebbe quindi dei risultati falsamente aumentati. Non solo. Se la terapia cortisonica è stata effettuata per parecchi giorni, diventa poi difficilissimo distinguere un vero Addison da una atrofia corticosurrenalica indotta dallo stesso cortisone. Dovrete sospendere la somministrzione di cortisonici per tempi non ben stabiliti (alcune settimane), e riprovare a fare il test, con rischi non indifferenti per il paziente, nel caso in cui avesse davvero un Addison.
3) Avete un animale azotemico, disidratato, avete fatto tutti gli esami del sangue ma avete iniziato una fluido-terapia prima di raccogliere le urine. Anche in questo caso può diventare più complicato stabilire l’origine dell’azotemia, in quanto l’esame delle urine viene inficiato dai fluidi somministrati.
4) Avete un paziente con presunti problemi emostatici/coagulativi ma avete somministato subito la vitamina K prima di eseguire un prelievo per un profilo coagulativo. Anche qui, se il paziente era effettivamente avvelenato con rodenticidi, fare la diagnosi diventa complicato perché la vitamina K fa rientrare rapidamente i tempi di coagulazione, anche dopo la prima somministrazione. Confermare il vostro sospetto a questo punto è davvero difficile, perché dovrete prendervi il rischio di sospendere la terapia e controllare molto strettamente se la coagulazione si scompensa nuovamente.
Potrei fare numerosi altri esempi come questi. In generale, quando siamo di fronte ad un dilemma diagnostico, dobbiamo imparare sempre a chiederci: prima di fare le terapie del caso, ho raccolto tutti i dati necessari per la diagnosi? Le terapie che sto iniziando, mi potranno inficiare l’iter diagnostico?
Walter Bertazzolo, Direttore Scientifico di MYLAV
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