L’importanza della gestione della fibrillazione atriale nel cane
La fibrillazione atriale (FA) è indubbiamente l’aritmia più frequente nel cane e si presenta, nella maggior parte dei casi, in concomitanza di una cardiopatia con dilatazione atriale, in quanto una massa elevata ne rappresenta un substrato anatomico prodromo al suo sviluppo.
Solo occasionalmente la FA è diagnosticata in assenza di una patologia cardio-strutturale e/o funzionale sottostante e questo avviene soprattutto nei cani di taglia grande-gigante, razze in cui la FA, a prescindere dall’eziologia, si presenta più precocemente.
Nel gatto la FA è molto più rara, basti pensare che in uno studio multicentrico retrospettivo di 23 anni questa anomalia del ritmo è stata riscontrata in solo 50 pazienti.
Lo stato emodinamico, la cronicità dell’aritmia e la presenza di una patologia cardiaca concomitante ne influenzano le scelte terapeutiche e la prognosi.
Ad esempio negli Irish Wolfhounds (in cui la FA è l’aritmia che si riscontra con maggiore frequenza in corso di cardiomiopatia dilatativa (DCM), della quale è considerata anche precursore) è stato dimostrato, in uno studio retrospettivo su 151 pazienti pubblicato nel 2018, come la prognosi sia significativamente differente se la diagnosi viene effettuata nella fase preclinica o in corso di scompenso cardiaco congestizio (21.9 mesi versus 7.3 mesi), mentre la presenza della stessa FA non impatta in tal senso (l’aspettativa dei cani con DCM preclinica associata ad FA è di 21.9 mesi, contro i 29.1 dei cani con ritmo sinusale).
Sempre nello stesso anno poi però è stato divulgato un articolo in cui sono stati esaminati 1552 Irish Wolfhounds affetti da FA subclinica, comparandoli con 52 cani della stessa razza senza segni clinici, ecocardiografici ed elettrocardiografici di patologia, in cui si è visto che il 49% dei cani con FA è andato incontro a morte per cause cardiache, rispetto al 10% del gruppo di controllo.
Tra tutti i soggetti inclusi nello studio, sebbene in entrambi i gruppi i valori rimanessero nei range di normalità, è stata evidenziata una differenza importante in termini di volumetrie telesistoliche del ventricolo sinistro e frazione di accorciamento, oltre ovviamente ad un volume atriale telesistolico superiore rispetto alla norma ed al gruppo di controllo nei cani con FA (determinato da un aumento della massa atriale, substrato anatomico per lo sviluppo di FA). Bisogna tuttavia tenere presente che oltre alla dilatazione atriale, anche la fibrosi, un elevato tono adrenergico e l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone, sono fattori che non solo promuovono lo sviluppo di FA, ma anche il suo mantenimento ed un’eventuale recidiva dopo cardioversione.
Considerando la sua elevata prevalenza, soprattutto in alcune razze canine, è importante che anche il clinico internista, non solo il cardiologo specialista, sappia riconoscere questa aritmia e gestirla nel modo più appropriato. Già dalla visita clinica è difatti possibile emettere il sospetto di FA, auscultando un ritmo generalmente accelerato ed irregolarmente irregolare, associato ad un polso di durezza variabile e marcatamente deficitario. Il riscontro di un soffio deve far sospettare la presenza di una cardiopatia sottostante, ma come detto questa non è sempre presente.
La diagnosi di certezza viene emessa con l’esame elettrocardiografico (ECG), i cui punti salienti sono rappresentati da: assenza di onde p, che sono sostituite da onde f di fibrillazione (evidenti al tracciato come ondulazioni della linea di base di varia ampiezza), ed intervalli R-R irregolarmente irregolari. Al tracciato saranno dunque evidenziabili due frequenze cardiache, una molto elevata, atriale, e l’altra, decisamente inferiore, corrispondente alla frequenza ventricolare, che viene mediata dal nodo atrio-ventricolare, il quale non risulta penetrabile a tutti gli impulsi provenienti dall’atrio e quindi espleta questa funzione di rallentamento/blocco della conduzione. I complessi QRS possono essere completamente normali oppure presentare delle anomalie, come ad esempio in corso di disturbo della conduzione intraventricolare (morfologia a blocco di branca) oppure con severe dilatazioni ventricolari.
Tracciato elettrocardiografico di paziente affetto da FA (derivate degli arti). Si noti un ritmo con frequenza cardiaca elevata (tachicardia), caratterizzato da complessi QRS stretti, non preceduti da onde p, che si susseguono con un intervallo R-R irregolarmente-irregolare e sono di ampiezza variabile. La linea isoelettrica presenta, negli intervalli R-R più lunghi, delle piccole deflessioni irregolari.
Poiché la sua comparsa è ampiamente riconosciuta come complicanza maggiore e, nella maggior parte delle condizioni, come fattore prognostico negativo anche in medicina umana, gli effetti del suo approccio terapeutico in termini di mortalità e morbilità sono stati ampiamenti studiati, ed anche in medicina veterinaria c’è una letteratura importante a supporto di ciò.
Le due strategie terapeutiche principali in corso di FA sono il controllo del ritmo ed il controllo della frequenza cardiaca: nel primo caso l’obiettivo è quello di far cessare l’aritmia (mediante cardioversione, elettrica o farmacologica), mentre nel secondo l’obiettivo è quello di ridurre la frequenza ventricolare in risposta ai rapidi impulsi fibrillatori provenienti dagli atri, attraverso l’incremento dell’attività di filtro del nodo atrio ventricolare.
Una ridotta risposta ventricolare infatti non solo riduce la sintomatologia clinica, ma influisce anche positivamente sulla prognosi del paziente.
Nella scelta dell’approccio terapeutico sono da tenere in considerazione i seguenti fattori:
- Presenza/assenza di una patologia cardiostrutturale associata
- Presenza/assenza di un’altra causa identificabile (ad es patologie sistemiche, somministrazione di farmaci cardiotossici, ecc)
- La durata della fibrillazione atriale, per distinguere se di recente comparsa o meno (long-standing)
- La distribuzione giornaliera della frequenza cardiaca e la variabilità della stessa a seconda dei diversi livelli di attività del paziente
- Lo stile di vita del paziente, in quanto l’impatto è maggiore in soggetti in maggiore attività
In questo anno è stato pubblicato nel Journal of Veterinary Internal Medicine il primo studio prospettico volto ad individuare l’effetto del controllo della frequenza cardiaca (FC) media nelle 24 ore nell’aspettativa di vita, ipotizzando che i cani con una FC media valutata all’esame Holter inferiore ai 125 bpm abbiano un’aspettativa di vita più lunga dei soggetti che non raggiungono questo obiettivo.
Il target dei 125 bpm come frequenza cardiaca media nelle 24 ore all’esame Holter nei pazienti affetti da FA era stato precedentemente individuato in uno studio retrospettivo condotto dallo stesso gruppo di colleghi, in cui i cani con una FC media inferiore a 125 bpm avevano un’aspettativa di vita di 1037 giorni, contro i 105 dei cani che con FC media superiore.
Questo dato è stato confermato dal successivo studio prospettico (aspettativa di vita di 608 giorni contro 33 giorni dei cani con FC media rispettivamente inferiore e superiore a 125 bpm), in cui si è dimostrato come per ogni incremento di 10 bpm della FC media il rischio di morte incrementa del 35.5%, anche se il tempo necessario per ottenere il controllo della FC stessa non influisce sulla prognosi del paziente.
I fattori che sono stati associati maggiormente a morte includono la presenza di scompenso cardiaco, la dilatazione atriale e ventricolare sinistra, elevate pressioni di riempimento ventricolari, oltre che un incremento dell’Nt-proBNP, della concentrazione di troponina I e della proteina C reattiva.
Al contrario la concomitante presenza di cardiomiopatia dilatativa, un elevato peso corporeo e la FC media <125 bpm ne riducono il rischio (nello specifico la FC media nelle 24 ore <125 bpm riduce del 74.4% il rischio di morte per causa cardiaca).
Fortemente associati al mancato raggiungimento dell’obiettivo di una FC media <125 bpm sono la severa dilatazione atriale, l’elevata velocità dell’onda E del flusso transmitralico, elevate concentrazioni di troponina cardiaca I e della proteina C reattiva, la bassa pressione arteriosa sistemica ed uno scarso peso corporeo del paziente. Questi dunque rappresentano dei parametri clinici e laboratoristici fondamentali per poter fornire ai proprietari dei cani affetti da questa aritmia tutte le informazioni necessarie, anche in termini prognostici.
Come ci si deve approcciare correttamente ad un cane in fibrillazione atriale, per quanto riguarda il controllo della frequenza cardiaca?
Se alla visita il cane presenta una FC media >150 bpm, l’indicazione è quella di iniziare la terapia antiaritmica senza aspettare di effettuare un esame Holter basale, in quanto è stato verificato che una FC all’ECG >150 bpm solitamente corrisponde ad una FC media all’esame Holter >140 bpm. Dopo 1-3 settimane verrà dunque effettuato il monitoraggio Holter per verificare che la terapia mantenga controllata la FC nelle 24 ore.
Se al contrario la FC all’ECG è inferiore a 150 bpm si effettua subito un Holter per studiare la FC ed in caso in cui questa sia già <125 bpm non è necessario impostare alcuna terapia; se la FC media risulta >125 bpm si imposta la terapia antiaritmica, la cui efficacia verrà controllata con un successivo esame Holter di controllo a distanza di 1-3 settimane.
BIBLIOGRAFIA
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Marta Claretti, Esperta in Cardiologia di Mylav
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