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MALATTIE INFETTIVE

Le malattie infettive neglette del gatto: la leptospirosi

Con questo nuovo blog,  iniziamo a proporvi una serie di aggiornamenti settimanali su alcune malattie infettive feline poco conosciute, sottostimate e spesso per nulla considerate da noi veterinari. Iniziamo col parlarvi della leptospirosi, che regolarmente associamo al cane o ad altri animali da reddito, ma che non consideriamo importante per il gatto.

 

 

I batteri del genere Leptospira sono numerosi ed includono sia specie patogene che non patogene. Diverse siero-varianti di Leptospira possono causare malattie nell’uomo e negli animali. In particolare la leptospirosi umana è una importante e frequente zoonosi. Conosciamo relativamente bene la patologia nel cane e le sue possibili presentazioni cliniche. Ma cosa sappiamo del gatto? I gatti possono infettarsi? E possono ammalarsi ed essere un rischio zoonotico per l’uomo? Una recente review pubblicata sul Journal of Feline Medicine and Surgery (Murillo et al, JFMS 22: 216-228; 2020) ha approfondito questo argomento poco conosciuto tra i veterinari.

Tutti i mammiferi possono infettarsi con le leptospire. Le diverse specie animali possono fungere da “reservoir” per specifiche siero-varianti (ad es. il cane per L. canicola, il topo per L. icterohaemorrhagiae): questi serbatoi naturali fungono anche da disseminatori del batterio nell’ambiente e quindi potenziali fonti di contagio per gli altri animali. L’infezione avviene infatti quasi sempre mediante il contatto di cute e mucose con materiale infetto (spesso acqua contaminata ed urina). Questi serbatoi e diffusori sono solitamente animali che si infettano da giovani e che sviluppano una patologia sub-clinica, mentre quelli che si ammalano seriamente sono spesso infetti con siero-varianti a cui non si sono adattati.

I gatti si possono infettare con diverse siero varianti (in particolare Pomona, Grippotyphosa, Australis, Canicola, ecc.). La siero-prevalenza nella popolazione felina varia dal 4 al 33% in diversi studi condotti in aree geografiche differenti del mondo. La principale fonte di infezione per i gatti, è il consumo di prede infette o di materiale infetto di allevamenti (es. bovini e suini). I gatti possono quindi a loro volta diventare reservoir dell’infezione e diventare un potenziale rischio per l’uomo e gli altri animali, in quanto diventano eliminatori di batteri con le urine. La patogenesi è probabilmente sovrapponibile a quella di altre specie: dopo l’ingresso le leptospire determinano prima batteriemia nella fase acuta (circa 1 settimana post-infezione) per poi distribuirsi in vari organi. Nei tubuli renali possono persistere per settimane o mesi, causando una escrezione urinaria persistente. Sebbene i dati nel gatto siano molto scarsi, le principali azioni patogene delle leptospire sono riconducibili ad un danno renale, con possibile sviluppo di insufficienza renale acuta o cronica, e lesioni epatiche necrotiche ed infiammatorie.

I segni clinici possono essere molto variabili, poco specifici e potenzialmente attribuibili a molte altre patologie: sono descritti PU/PD, segni gastroenterici, versamenti cavitari, uveite, dolori diffusi, zoppie e anche lesioni cutanee. Quanti di noi sospetterebbero la leptospirosi in gatti con questi sintomi e segni clinici?  Il fatto che non diagnostichiamo mai la leptospirosi nel gatto, dipende principalmente dal fatto che non la cerchiamo mai, visto che la consideriamo una patologia tipicamente del cane mentre siamo sempre stati propensi a pensare che i gatti siano naturalmente resistenti all’infezione. Anche da un punto di vista delle alterazioni di laboratorio, i rilievi possono essere scarsi, poco specifici e perlopiù riferibili ad alterazioni infiammatorie acute o croniche e ad una patologia renale, con lo sviluppo di azotemia, riduzione del PS urinario e glicosuria.

Per la conferma diagnostica, valgono le stesse procedure utilizzate per il cane: ricordiamo infatti che le leptospire non possono essere visualizzabili nelle urine con la microscopia del sedimento. E’ necessario pertanto ricorrere all’identificazione mediante PCR su sangue (in fase acuta) e nelle urine stesse. Ricordiamo anche che il risultato è fortemente influenzato da eventuali trattamenti antibiotici già iniziati, in quanto questi tendono a far scomparire rapidamente i batteri nel sangue e nelle urine. La sierologia mediante MAT, eseguita nei centri di riferimento per la leptospirosi, è un altro metodo valido come per il cane. Si ritiene tuttavia che le sieropositività nei gatti siano più basse rispetto al cane, ma nei gatti c’è il vantaggio di non avere il fattore confondente degli anticorpi di derivazione vaccinale.

Il trattamento dell’infezione è simile a quanto viene descritto per la controparte canina, con fluido terapia di sostegno ed antibiotico-terapia (ampicillina prima e tetracicline successivamente, per ridurre il rischio di escrezione urinaria cronica) quali cardini necessari nelle fasi acute della patologia. Alcuni pazienti possono tuttavia evolvere ad una patologia renale cronica. A tale proposito non è chiaro il possibile ruolo ed incidenza di questa infezione nello sviluppo delle comuni nefriti interstiziali croniche del gatto, sebbene uno studio abbia dimostrato una maggiore prevalenza di sieropositività nei gatti con malattia renale cronica rispetto al gruppo di controllo (Rodriguez et al 2014; JVIM 28: 284-293).

Si ricorda che tale patologia è una zoonosi: le urine degli animali infetti (asintomatici e non) sono una fonte di infezione per gli altri animali e le persone, per cui in caso di positività alla PCR, è necessario adottare misure preventive per evitare il contatto con le escrezioni. Questo rischio è fortemente sottovalutato: un recentissimo studio condotto in sud America (Dorsch et al, 2020; PLoS One 15(10): 1-17) su un gruppo di gatti con accesso all'esterno, ha infatti mostrato una elevata percentuale di soggetti (circa 16%) con escrezione urinaria di leptospire (PCR e/o coltura positive).

Tutte queste recenti informazioni dovrebbero farci riflettere e iniziare a considerare questa infezione potenzialmente rilevante anche per il gatto.

 

Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.

 

 

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